L'Organizzazione avverte che l'Italia ''ha avviato un ambizioso programma di riforme", ma "l’impatto sulla crescita di alcune misure, tra cui il piano per ridurre i debiti della pubblica amministrazione", resta "incerto". Un ritorno alla crescita è previsto quindi solo nel 2014, quando il Pil dovrebbe salire di mezzo punto percentuale
L’Ocse entra a gamba tesa nel dibattito italiano sull’Imu. “Se le priorità sono crescita e occupazione la prima cosa da tagliare sono le tasse sul lavoro”, ha detto senza mezzi termini Pier Carlo Padoan, capoeconomista dell’organizzazione parigina. E ha aggiunto in modo ancora più chiaro: “Ridurre le tasse sul lavoro è più importante che ridurre l’Imu“.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha avvertito nell’ultimo rapporto sull’economia del nostro Paese che “in Italia è impossibile per il momento ridurre in modo significativo il livello complessivo delle tasse“, precisando che ”l’eliminazione delle agevolazioni fiscali senza giustificazioni economiche permetterebbe di aumentare la base imponibile e quindi ritoccare le aliquote marginali senza impatto sulle entrate”. E ha rivisto di nuovo al ribasso le stime sul Pil per il 2013, prevedendo una contrazione dell’1,5 per cento, contro il -1 per cento previsto nell’outlook del novembre scorso. Il ritorno alla crescita non è quindi previsto prima del 2014, per cui l’organizzazione stima un +0,5 per cento.
L’Italia ”ha avviato un ambizioso programma di riforme”, che insieme alle misure intraprese dall’Eurozona “hanno ridotto i rischi di rallentamento economico e potrebbero aiutarla a uscire dalla recessione già nel corso del 2013″, prosegue il report. Queste previsioni, precisa l’Ocse, sono basate su una “stima conservativa”, dato che l’impatto sulla crescita di alcune misure, tra cui “il piano annunciato ad aprile 2013 di ridurre significativamente i debiti arretrati della pubblica amministrazione“, resta “incerto”. Gli effetti benefici di questi interventi, ha aggiunto l’organizzazione, “richiederanno tempo per materializzarsi, a causa del clima di scarsa fiducia, del ritmo lento della ripresa negli altri Paese e della necessità di proseguire sulla strada del consolidamento fiscale”.
Per l’Italia, la priorità resta “la riduzione ampia e prolungata del debito pubblico“, perché “con un rapporto debito/Pil vicino al 130 per cento e un piano di ammortamento del debito particolarmente pesante”, il Paese “rimane esposto ai cambiamenti improvvisi dell’umore dei mercati finanziari”. ”Ce la mettiamo tutta”, ha commentato il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni a margine della presentazione del rapporto Ocse, a chi gli chiedeva se sarà possibile uscire fuori dalla recessione già da quest’anno.
In questo contesto, come ha ricordato Saccomanni, è quindi cruciale la chiusura della procedura di infrazione sul deficit. “Se il disavanzo sarà sopra il 3 per cento qualcosa bisognerà fare”, ha detto il capoeconomista Padoan rispondendo a chi gli chiedeva se saranno necessarie misure correttive sui conti pubblici. “E’ fondamentale uscire dalla procedura di infrazione”.
Il rapporto dell’Ocse ha avvertito infine che le banche italiane sono ancora esposte a rischi e devono rafforzarsi. In Italia, ”sebbene il sistema bancario si sia rivelato complessivamente solido, diversi istituti di credito hanno incontrato gravi difficoltà e il settore finanziario resta esposto a rischi sistemici“. L’Ocse consiglia quindi al nostro Paese di “incoraggiare le banche ad aumentare gli accantonamenti per perdite e continuare a incitarle a soddisfare le loro esigenze di capitale tramite le emissioni di nuove azioni o la cessione di attività non strategiche”.
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