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sabato 3 agosto 2013

Giunti: non chiamatelo Tav, è solo una macchina da guerra

Da tecnico – professionale ma volontario – della Comunità Montana e delle associazioni ambientaliste, studio da anni i progetti della Torino-Lione. In quest’opera la tecnica non c’è più. Anzi, è stata pervertita. Il termine è di origine greca e significa “arte” nel senso di “perizia”, “saper fare”, “saper operare”. E’ l’insieme delle norme applicate e seguite in una attività, sia intellettuale che manuale. Implica l’adozione di un metodo e di una strategia nell’identificazione precisa degli obiettivi e dei mezzi più opportuni per raggiungerli (così Wikipedia). Di tutta questa sapienza non c’è traccia nei documenti che dovrebbero sostenere e realizzare la Torino-Lione. L’ultimo progetto presentato – il Definitivo della Prima Fase del lato italiano della Sezione Transfrontaliera – ammette candidamente di non conoscere com’è fatta la montagna che vorrebbe scavare per 57 km, ignora spensieratamente come raggiungere il tunnel da entrambi i lati, disobbedisce spudoratamente alle Prescrizioni imposte dal Cipe, dichiara tranquillamente ingenti impatti sull’acqua e sulla salute ma vanifica ogni legale valutazione dei danni, annuncia felicemente vantaggi fantastici ottenuti grazie a superlativi incrementi dei traffici continuamente smentiti dal Pil.
Le prove sono innumerevoli e ben documentate, ma queste cinque bastano come esempi rappresentativi. Dunque, la tecnica come perizia, come saper No Tavfare, come bene operare, è del tutto assente dalla Torino-Lione. E’ stata sostituita da un’altra tecnica, perversa e non più al servizio del bene – come vorrebbe la sua etimologia – ma del male. Non discute più di merito e di ragioni, che ormai sono tutte dall’altra parte. Non accetta nessun dialogo, nessun approfondimento, nessun confronto sui fatti, sui quali è perdente. Non ammette alcuna sospensione o ripensamento, anzi procede imperterrita con proclami, decreti e lavori. E soprattutto colpisce i contestatori. Li accusa di ogni nefandezza, li segnala alla disapprovazione dei massmedia, li trascina sull’unico terreno dove è in vantaggio: lo scontro fisico, la criminalizzazione, Luca Giuntila repressione.
Cerca di isolarli, di fare terra bruciata intorno a loro, di avvelenare i pozzi. Annulla ogni opzione moderata, scientifica, dialogante, pacifica. Accomuna al terrorismo qualsiasi opposizione: se non è attivamente sovversiva è almeno ingenua o addirittura connivente. E via di questo passo, esaltando gli estremismi opposti cioè l’unico gioco dove questa tecnica crede di essere vincente perché conosce e pratica da anni le sue strategie di violenza e sopraffazione (un celerino preferisce un antagonista a un cattolico: regole e strumenti sono condivisi). Questa è l’unica tecnica rimasta a giustificare l’opera. E’ una tecnica di potere. Anzi, di guerra. I promotori della Torino-Lione sono come gli ultimi giapponesi, vecchi e isolati: hanno armi che possono ancora fare molto male ma combattono una guerra già perduta.


(Luca Giunti, “Il tecnico, la tecnica e gli ultimi giapponesi”, 30 luglio 2013).

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