di Pier Paolo Flammini
Il Pd deve garantire controllo sociale ed essere allineato alle direttive di Bce e Germania. Berlusconi prende voti e per non renderlo pericoloso gli va concessa impunità. Il M5S deve restare protesta. Le gaffe di Renzi, la regia di D’Alema
Nelle ultime settimane ho avuto per due volte le lacrime agli occhi.
La prima, quando ho appreso la notizia del triplice suidicio di Roberto Dionisi, Annamaria Sopranzi e Giuseppe Sopranzi, a Civitanova Marche. Un mio amico, il giorno dopo, mi ha detto: “Ho pianto come un bambino”.
La seconda volta ieri sera, sabato 20 aprile, dentro il letto, quando ho pensato a quel che sta accadendo a Roma.
Ma non piango. Purtroppo non piango più. Mi vengono solo le lacrime agli occhi per la rabbia. Ma ho gli occhi secchi, ormai, da tanti anni.
Ieri, mentre a Roma accadeva quel che accadeva, ero a Civitanova Marche. Insieme agli amici che ho conosciuto nell’ultimo anno e mezzo, persone come tante altre migliaia in Italia che passano le nottate a studiare, capire come e perché l’Italia è diventata un paese da Terzo Mondo politico e democratico, persone spassionate e preparate che potrebbero fare consulenza gratuita al 90% dei nostri parlamentari, il Parlamento ha votato nuovamente Giorgio Napolitano presidente della Repubblica.
Eravamo a Civitanova a spiegare “l’Economicidio” preordinato che sta avvenendo: incontro deciso proprio in memoria di Roberto, Annamaria e Giuseppe. Un’ora prima dell’incontro è arrivato, con largo anticipo, un piccolo imprenditore del calzaturiero: “L’anno scorso è andata male, quest’anno va peggio”. Mi dice: “Speriamo venga qualcuno, qui a Civitanova si partecipa poco, per queste iniziative va bene se siamo 6-7″. Alla fine saranno circa 70 i presenti.
L’analisi di quanto avvenuto, la rabbia in piazza, gli eccessi, devono prevedere una doppia analisi. Purtroppo quella della maggior parte della stampa italiana – e di conseguenza quella della “piazza” schiumante di rabbia e anche dell’opposizione M5S – si occupa solo della dimensione interna, nazionale. Pochi – per paura, ignavia o mancanza di riferimenti – si spingono oltre i confini del Monte Bianco, verso nord. Cerchiamo, umilmente, di capire cosa sia avvenuto.
DIMENSIONE ITALIANA, E L’ANTIBERLUSCONISMO Tutta l’analisi si svolge in funzione di un Presidente della Repubblica che in troppi desideravano “anti-berlusconiano“, o almeno che garantisse poi un governo di tal fatta. Questa è una analisi sensata, ma anche primitiva. Il Partito Democratico, piuttosto che uno sguardo “di sinistra” (ma questa analisi è anch’essa primitiva) verso Rodotà, ha preferito guardare sempre “a destra”. Il primo nome, quello di Franco Marini, è di fatto il nome di un galantuomo che è stato bocciato da Renzi e dai renziani in una ottica interna. Renzi, che si è comportato come un capo-corrente da Prima Repubblica, ha convocato i suoi 60 grandi elettori, riuniti separatamente rispetto al resto del Partito: “Lo voteranno La Russa, Gasparri e Cicchitto, non capisco perché dovremmo essere noi a votarlo” (con Napolitano, invece?). Renzi si è mosso in una analisi politica nazionale, contrariamente a quanto messo in piedi dall’uomo-ombra del Pd nelle stanze che contano nel Nord Europa e Oltre Atlantico, Massimo D’Alema. Il sindaco di Firenze ha pensato di incarnare la richiesta anti-casta degli italiani e il nuovo dall’interno del Pd, gabbando quel poverocristo di Bersani nel momento in cui si era accordato con Berlusconi – dunque escludendo Renzi da ipotesi di governo a breve – come, precedentemente, auspicato dallo stesso Renzi (incredibile rileggere queste dichiarazioni di pochi giorni fa). Così ha scombinato il piano.
Marini – come realmente sarebbe stato – evocava l’accordo (inciucio per la base Pd) e il governo con Berlusconi e Monti, come avvenuto nell’ultimo anno e mezzo (nulla di nuovo). Dunque, in una logica tutta interna, ecco i militanti che bruciavano le tessere e protestavano. Naturalmente con ragione: non si possono fare vent’anni di finte-battaglie, ribadite fino al 13 aprile ai militanti di Roma nel giorno della “lotta alla povertà” (due bugie in una?) e poi, ancora una volta, accordarsi con Berlusconi. Perché, stavolta, l’alternativa c’era, ed era sempre un uomo del Pd, anche se fuori dagli schemi classici: Stefano Rodotà. Sia chiaro: gli accordi sono legittimi, ma l’acutezza politica l’avrebbe voluti con il M5S e non, ancora, con il Pdl. Se si è arrivati al suicidio, le forze che l’hanno voluto sono potentissime.
ECCO DUNQUE PRODI*** Sul piano europeo la sostanza, rispetto a Marini, non cambia (vedremo poi). Su quello nazionale, molto. Eppure la candidatura di Prodi, nel modo in cui è avvenuta, è un grave errore politico. D’Alema (ancora lui, ovviamente) lo sa. Primo, è un errore sul piano nazionale: non si può eleggere un presidente praticamente da soli, in rottura sia a sinistra (M5S) che a destra. Perché questa mossa è tipica del “prodismo” italiano: coraggio e sconfitta assicurata e immediata. Lo scenario che si sarebbe delineato, sarebbe stato quello delle urne immediate, una assordante campagna elettorale estremizzata e per forza di cose anti-euro e austerità di Berlusconi con vittoria schiacciante (incognita M5S), scomparsa del Pd. Solo degli ingenuotti (come Renzi, i Giovani Vecchi Turchi, Bersani) al cospetto dimister Copasir D’Alema potevano pensarlo.
Il problema è che quel ginepraio che è il Pd, che non ha avuto neppure un caso di coscienza nel votare tutte le manovre di destra pseudo-europeiste di Monti, non è più governabile quando si toccano gli interessi dei piccoli e grandi gerarchi del partito. Dunque: vuoto ideologico, pieno di potere. D’Alema ordina il siluramento di Prodi, ma contemporaneamente si originano una serie di lotte intestine tra renziani, vendicatori di Marini, cani sciolti. Così Prodi, anziché a fuoco lento, cade penosamente. Peggio di come ipotizzato da D’Alema.
NAPOLITANO Nessuno, a quel punto, poteva proporsi apertamente. Forse Amato, non D’Alema: perché sarebbe apparso (quale realmente è) come il sicario (per la seconda volta dopo il 1998) di Prodi. Ecco, dunque, Napolitano. Che è un Presidente apprezzato da tutta la finanza mondiale: qui l’esultanza della presidente del Fmi Lagarde e qui i tecnocrati europei (Barroso e Van Rompuy, quello che decide se andiamo o meno a votare interferendo con la democrazia). Apriamo la contesa vera, che non riguarda l’Italia. Prima, però, una previsione sul prossimo governo: dimezzerà i parlamentari, ridurrà un po’ gli stipendi, taglierà le Province, farà qualcosina di questo genere, riscriverà forse la legge elettorale, otterrà anche un leggero e momentaneo allentamento dei vincoli europei. Ma farà anche tanto altro. E molti applaudiranno, finalmente contenti e ululanti contro la Kasta!, ma sempre più poveri e servili.
DRAGHI E’ il Presidente della Banca Centrale Europea che ha chiesto a Napolitano di restare. E lo ha fatto sapere pubblicamente, lo scorso 31 marzo. Ho scritto al giornalista Federico Fubini del Corsera, che ha pubblicato la notizia della telefonata, chiedendogli se la notizia fosse trapelata scientemente attraverso lo staff di Draghi. Perché il messaggio è stato: “Nessuno si può opporre a me e all’Europa, altrimenti vi abbandoniamo in pasto ai mercati. E che tutti lo sappiano”. Napolitano ha semplicemente eseguito ordini sovranazionali: ed ecco, poche ore dopo la telefonata, la trovata dei “saggi” tecno-politici (attenzione: senza M5S!). Ecco la richiesta, che oltrepassa le competenze del Presidente, di un “governo di larghe intese” (Pd-Pdl), dunque ennesima grave interferenza politica di un settennato da incubo.
MONTI Attenzione ai nomi: Romano Prodi, Enrico Letta, Giuliano Amato, Massimo D’Alema. Ad eccezione del povero Franco Marini, tutti i nomi in gioco hanno stretti legami con il mondo della finanza e delle elite globali. Prodi ad esempio ha lavorato per Goldman Sachs, così come Monti e Draghi. Amato per Deutsche Bank. Letta il giovane, benedetto proprio da Amato alla fine degli anni ’90, quando divenne ministro in età giovanissima, ha porte girevoli in tutte le lobby internazionali. A questi aggiungete Giorgio Napolitano, che ha dato ampia prova di assecondare talune necessità. D’Alema è passato alla storia. L’intero pacchetto di nomi del centrosinistra per Presidenza della Repubblica e del Consiglio non ha nulla del partito popolare o socialista: sindacalisti, lavoratori, imprenditori, politici che possano vantare vittorie epocali, che abbiano pagato a seguito delle loro convinzioni ideali: nulla. Solo tecnocrati. Nichilismo puro.
GERMANIA “Scopo del debito pubblico è di garantire investimenti sicuri, non la spesa pubblica“: lo scrive il Financial Times, lo scrivono i rappresentanti delle banche centrali. Compito degli italiani è dunque garantire il pagamento dei titoli di Stato al ritmo di centinaia di miliardi ogni anno. Compito degli italiani è dunque vendere il patrimonio pubblico a pacchetti di 15-20 miliardi l’anno, come minimo, che saranno acquistati in massima parte dalle multinazionali italiane e straniere. Compito degli italiani è consentire la cinesizzazione dell’Italia e del Sud Europa, la riduzione di salari e stipendi come unico strumento per la competizione mondiale. Compito degli italiani è garantire allaGermania flussi di importazioni grazie alla moneta svalutata tedesca e iper-valutata in Italia, e garantire la tenuta dell’Eurozona. Anche qui non è complottismo, è tutto vero, lo scrive ancora Fubini sul Corsera: come il ministro attuale dell’Economia Vittorio Grilli, lo scorso dicembre, parlando con gli investitori statunitensi a Wall Street, ha detto loro che l’aumento della disoccupazione in Italia sta spingendo i lavoratori ad accettare salari inferiori, e dunque investire in Italia è adesso conveniente.
Questi sono i motivi per i quali occorre un governo Pdl-Pd, oggi, non le stupidaggini che leggete e sentite su tutti i giornali a proposito di inciuci e pavidità del Pd verso Berlusconi (lo è, ma per altri motivi) che non hanno coraggio di alzare lo sguardo oltre confine.
1) Berlusconi deve essere disinnescato perché ingestibile e quindi pericoloso per l’ordine europeo: poiché gli italiani continuano a votarlo, meglio che stia in un governo e, in cambio dell’impunità e magari di una salvifica nomina a senatore a vita, accetti e acconsenta all’applicazione dell’austerità e a garantire interessi stranieri.
2) Il Pd non deve virare a sinistra né scegliere outsider di alcun genere. Il suo gruppo dirigente (da Napolitano a D’Alema) deve essere connesso con le elite europee neoliberiste. Deve essere il cardine del controllo sociale in Italia;
3) Il M5S, altrettanto ingestibile, deve restare ai margini come opposizione di protesta ma incapace di influenzare le scelte di governo.
4) Come più volte scritto, nella situazione attuale (ovvero euro+austerità) l’unico programma di governo possibile è l’Agenda Monti. E tanto è. Qualsiasi variazione di tema implica un’uscita dal binomio euro+austerità e quindi una rottura del patto europeo così come conosciuto da 20 anni. E questo non sarà permesso.
*** Prodi è certamente l’uomo dell’euro e dell’austerità in Italia, della svendita del patrimonio pubblico, del neoliberismo. Tuttavia nell’ultimo anno e mezzo, forse perché “pensionato”, alcune sue dichiarazioni potrebbero aver pesato anche in questo contesto. Si legga cosa disse su Deutsche Bank quando si scatenò la speculazione sui titoli italiani: “La scelta di DB? Un suicidio” e qui “Se si continua così diventa impossibile uscire dalla situazione in cui siamo“; quindi nel maggio 2012: “Con una politica di sola austerità andiamo a finire malissimo”
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