DI MITT DOLCINO
scenarieconomici.it
Oggi l’Europa politica sta esprimendo due fuoriclasse: piaccia o non piaccia Angela Merkel e Vladimir Putin stanno dando dimostrazione di estrema competenza e capacità, due o tre spanne sopra gli altri. E, aggiungo, stanno facendo sfigurare i loro omologhi mondiali.
Ma guardiamo in dettaglio chi sono Merkel e Putin. All’apparenza sembrano due personaggi completamente diversi, uno a capo di un paese moderno e votato al futuro e l’altro dominus di un paese conservatore che ha nelle risorse naturali la base del propria benessere.
Uno cresciuto nell’apparato di intelligence sovietico di altissimo rango e l’altra una scienziata prestata alla politica. Ma se si va a guardare nei dettagli esistono diverse e varie affinità.
Entrambi sono figli del regime ex comunista della Germania dell’est, ambito in cui si è avuta la loro formazione dirigenziale. Vladimir, capocentro del KGB a Dresda, più o meno nello stesso periodo in cui Angela era impegnata in ruoli politici di partito, tra cui la responsabilità politica di aree strategiche quali agitazione e propaganda. Ma questo è solo un dettaglio: il punto di congiunzione tra i due sta certamente nel vero governo nell’ex Germania dell’Est in cui il bastone del comando non era in mano alla politica ma ai servizi. Ca va sans dire che la loro formazione è stata fortemente influenzata per non dire plasmata dal mitico Markus “Mischa” Wolf, capo e padre padrone dell’altrettanto mitica Stasi. Non si sveleranno in questo articolo segreti, ed anzi onde evitare di far sorgere alcun dubbio in riguardo si preferisce non dilungarsi oltre, è terreno minato. Base dati pubblici, certamente si può aggiungere che sia la famiglia di M. Wolf che la famiglia A. Merkel siano deliberatamente emigrate in Germania dell’Est dopo la seconda guerra mondiale per via di qualche forma di convinzione o missione. Parallelamente si può affermare che entrambi furono parte dell’intellighenzia tedesca durante il dominio sovietico, lui educato nelle migliori università russe, lei scienziata-ricercatrice con ruoli di partito.
Uno cresciuto nell’apparato di intelligence sovietico di altissimo rango e l’altra una scienziata prestata alla politica. Ma se si va a guardare nei dettagli esistono diverse e varie affinità.
Entrambi sono figli del regime ex comunista della Germania dell’est, ambito in cui si è avuta la loro formazione dirigenziale. Vladimir, capocentro del KGB a Dresda, più o meno nello stesso periodo in cui Angela era impegnata in ruoli politici di partito, tra cui la responsabilità politica di aree strategiche quali agitazione e propaganda. Ma questo è solo un dettaglio: il punto di congiunzione tra i due sta certamente nel vero governo nell’ex Germania dell’Est in cui il bastone del comando non era in mano alla politica ma ai servizi. Ca va sans dire che la loro formazione è stata fortemente influenzata per non dire plasmata dal mitico Markus “Mischa” Wolf, capo e padre padrone dell’altrettanto mitica Stasi. Non si sveleranno in questo articolo segreti, ed anzi onde evitare di far sorgere alcun dubbio in riguardo si preferisce non dilungarsi oltre, è terreno minato. Base dati pubblici, certamente si può aggiungere che sia la famiglia di M. Wolf che la famiglia A. Merkel siano deliberatamente emigrate in Germania dell’Est dopo la seconda guerra mondiale per via di qualche forma di convinzione o missione. Parallelamente si può affermare che entrambi furono parte dell’intellighenzia tedesca durante il dominio sovietico, lui educato nelle migliori università russe, lei scienziata-ricercatrice con ruoli di partito.
Sui successi politici ed economici di Frau Angela penso che ogni commento sarebbe superfluo: oggi la Germania è tornata ad avere tanto potere continentale quanto ne ebbe l’ultima volta all’atto della conquista di Parigi negli anni ’40.
Per quanto riguarda Vladimir Putin, è altrettanto certo che sia un uomo del sistema, venuto quasi dal nulla (…) a riparare i danni post Eltsin ed ora diventato una sorta di eroe della patria se si considera che la Russia in bancarotta del 1998 è cresciuta sotto la sua direzione fino a superare come prodotto interno lordo a parità di potere di acquisto la stessa Germania, settembre 2013 – notizia che meriterebbe di andare a Chi L’Ha Visto per come è stata nascosta dai media ufficiali -. Uomo del sistema si diceva, ossia dei servizi, già capocentro a Dresda per il KGB, la sua grande famiglia. E quindi tecnicamente un riporto incrociato del grande capo Wolf. Tutti e tre parlano/parlavano russo e tedesco e questo per chi è avvezzo a tali culture non è un dettaglio di poco conto.
Dunque non ci si può esimere dal fare considerazioni su cosa può significare la presenza contemporanea in Europa di questi due grandi e capaci leader cresciuti all’ombra dello stesso sistema di potere (M. Wolf morì nel 2006) e di cosa può significare per il futuro dell’Europa.
Prima di tutto analizziamo l’Europa politica attuale: la Merkel staglia se paragonata con un Hollande o un Cameron. Con Enrico Letta, beh, si fa addirittura fatica ad impostare un qualsiasi criterio di paragone.
Su Hollande il discorso è relativamente semplice: sta facendo poco e male, addirittura mettendo a disagio i propri stessi sodali di partito con l’improvvida apertura all’intervento armato in Siria, un errore anche e soprattutto idealistico nella Francia della gauche (che mai fu così di gauche negli ultimi 40 anni, anche a causa della sfida alla ricchezza che la crisi economica d’Oltralpe sta determinando). Che dire di Cameron, certamente gli UK non sono abituati a tanta povertà dirigistica anche in considerazione dei grandi leader avuti fino a pochi anni or sono (l’ultimo riferimento è sicuramente Tony Blair): Cameron sembra quasi il primo capo del governo inglese che abbia riconosciuto ed accettato la perdita delle colonie se si considera la poca o nulla influenza che riesce ad avere oggi negli equilibri globali e continentali, oltre ad essersi incamminato senza dubbio né smentita verso la subalternità continentale rispetto alla Germania (solo ultimamente stiamo vedendo sussulti di orgoglio nel senso di una politica mirata alla minore subalternità rispetto all’Europa tedesca e all’apparente ineluttabilità degli eventi).
Ed Obama? Uomo di grandissimi ideali, e per questo merita la stima del mondo, ma che sta praticando una politica globale confusa oltre che pericolosa: durante il suo doppio mandato molti degli alleati storici sono stati sostituiti in corsa o sono caduti, quasi sempre in modo doloroso. Mai nessun presidente americano aveva visto sotto di sé cambiare la geografia delle alleanze di intere regioni strategicamente sensibili. Mubarak, Gheddafi, i governi del nord Africa, ora Assad, in un contesto di guerra permanente in Iraq, paese che tra l’altro impiegherà 30 anni a riappacificarsi, e oltre tutto senza minimamente scalfire le ambizioni dell’unico potere regionale nel golfo Persico, l’Iran. E poi l’Afghanistan, il Pakistan di Musharraf… E che dire del caos in Europa. Sarebbe importante stigmatizzare che aprire troppi fronti è pericolosissimo, ne sa qualcosa la Germania nazista dopo la tentata invasione della Russia nella seconda guerra mondiale, per altro lo stesso errore compiuto anche nella prima, sola contro Inghilterra, Francia, Russia ed Italia. Se contiamo i fronti aperti dagli USA, escludendo il fronte interno della crisi economica ancora là da risolversi, il campanello d’allarme suona più che giustificato.
A tutto ciò bisogna dovutamente aggiungere i falliti tentativi di impedire la rielezione di Putin – e come sarebbe stato possibile che la Russia negasse il mandato a colui che ha permesso di far crescere il reddito disponibile in 15 anni in misura superiore a qualsiasi altro governo occidentale, superando addirittura la Germania nella classifica del GDP a PPP (nota i) – oltre al perenne fallimento nelle politiche di annientamento dell’Iran. Se poi a questo aggiungiamo l’affaire Snowden/NSA, che ha messo a repentaglio il rapporto fiduciario globale tra clienti mondiali e giganti USA dei servizi internet il gioco è fatto: si può concludere che Obama rischia di diventare il peggior presidente USA della storia moderna. In questo contesto anche l’annientamento di un alleato storico degli USA, Silvio Berlusconi – memento le prove (false) presentate all’ONU sul Nigergate – può essere un boomerang nel medio lungo termine: immaginiamo ad esempio un’Europa autonoma e non più allineata agli interessi americani o peggio economicamente alleata della crescente Russia. L’assenza di supporto regionale alle politiche USA, supporto che certamente Berlusconi era in grado di fornire – e che storicamente è stato quasi incondizionato -, ovvero l‘assenza di personaggi politici europei di spessore in grado di essere totalmente funzionali ai disegni USA (in questi termini Letta e Monti non possono essere paragonati a Berlusconi, nemmeno sommandoli) può determinare uno scompenso a tendere negli equilibri politici mondiali che, nonostante la supremazia militare americana, rischia di minare l’influenza USA nel mediterraneo ed in Europa nel medio lungo termine. E questo lo dice a malincuore chi scrive, considerandosi il sottoscritto amico indissolubile degli USA oltre che fiero e storico alleato, ricordando il rapporto di collaborazione e stima che ha legato la Penisola agli amici d’oltreatlantico da ben prima della seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri, o quasi.
In effetti, oltre al malincuore l’Italia dovrebbe anche temere una situazione del genere: se si concretizzasse uno scenario futuro in cui gli Usa necessitassero di depotenziare l’Europa, o più semplicemente volessero destabilizzare un’Europa troppo germano centrica e magari filo russa, fatto assolutamente probabile nei prossimi anni, certamente tale politica di recupero di influenza atlantica dovrebbe partire dal Paese meno affine e meno stabilmente legato all’Europa stessa o anche solo dal più ricettivo ma con una dimensione sufficiente. In questo contesto l’identikit corrisponde con quello dell’Italia e dunque il Belpaese potrebbe dover sopportare a termine ingerenze ed intromissioni nella politica e nel governo come non se ne sono viste fin dal rapimento di Aldo Moro.
Vale la pensa di ricordare che, come si può desumere da quanto sopra riportato, l’affinità di formazione tra Angela Merkel e Vladimir Putin in un contesto di mutuo sviluppo e sostegno puramente economici potrebbe tranquillamente implicare una più ampia collaborazione tra Europa tedesca e Russia, immaginiamo ad esempio gli enormi interessi che stanno dietro la gestione dei flussi di gas o l’eventuale comunanza di intenti nel pacificare il mediterraneo securizzando il canale di Suez. Non è quindi assolutamente da escludere una forma di solidarietà eurotedesca con il vecchio orso russo. Se gli USA pensano all’Europa come baluardo contro lo strapotere ex sovietico rischiano di fare un grave errore, oggi non esiste più il gap ideologico che fu alla base della separazione forzata tra due blocchi nella guerra fredda, blocchi che sono naturalmente portati a parlarsi soprattutto in relazione ai pessimi ricordi che scaturiscono dal rimembrare situazioni passate in cui il dialogo fu sostituito dal tintinnar di spade, confronto che ben inteso oggi non converrebbe a nessuno degli ipotetici contendenti. E soprattutto oggi, in un contesto di crisi reale che è il vero nemico mortale che deve essere sconfitto con tutte le armi possibili; dunque ben vengano alleanze diciamo anticonvenzionali.
In questo contesto, da sempliciotto quale sono, vedo l’Italia quasi come un terreno di sfida politica tutta interna agli USA, in cui la contrapposizione tra il miglior alleato non anglosassone di G.W. Bush nella guerra del Golfo – Silvio Berlusconi, contrario a parole e di principio alle tasse ed al big state – e l’UE con la sua ordinata austerità imposta può essere visto alla stregua di un confronto tra avversari democratici e repubblicani da parte dell’attuale amministrazione USA (democratica). Anche perché sembrerebbe che il supporto popolare a Obama si stia avviando verso i minimi visti da G.W. Bush nella seconda parte del proprio mandato, in un contesto nazionale statunitense esacerbato dalle enormi tensioni di una riforma sanitaria di fatto deragliata dall’avversario repubblicano, segnando - se effettivamente ci sarà il blocco dei pagamenti dell’amministrazione USA – oltre che un enorme smacco morale anche una sorta di fallimento della politica interna di quasi due mandati presidenziali (per interpretare il gradimento dei cittadini USA in relazione al proprio presidente si ricordi che il popolo americano può anche dimenticare velocemente gli errori in politica economica ma porta sempre con se l’orgoglio delle guerre vinte, o supposte tali, per cui ben si comprende il recente commitment USA alla guerra in Siria).
Con tutto il male che uno può pensare della magistratura italiana sarebbe da illusi concludere che quanto sta accadendo oggi al Cavaliere non sia stato in qualche modo “sdoganato” dal dominus globale (non fosse altro per la contiguità ed alleanza strategica avuta dal Governo Berlusconi in almeno due guerre incondizionatamente combattute al fianco degli USA, avendo per altro fornito le prove all’ONU – via Nicolo Pollari, prove poi dimostratesi grossolanamente false – dell’arsenale nucleare di Saddam Hussein). Ricordiamo anche che gli USA hanno nell’Italia il paese straniero dove vengono detenute le maggiori scorte di armi convenzionali fuori dal terreno americano, oltre ad almeno un paio di siti dove vengono detenute armi strategiche. E che le tensioni tra USA ed Italia siano reali è vaticinato dall’articolo odierno su Les Echos (nota ii), giochi proibiti tra USA ed Italia, titolo molto minaccioso… la verità è che, come indicato dal Bertlesmann Stiftung (nota iii), le saggezze convenzionali vedono nella crisi dell’Italia una delle vere, uniche e possibili cause della fine dell’euro, ossia un danno potenziale assimilabile al GDP annuale degli USA (calcoli su cui chi scrive nutre più di un dubbio, guarda caso la fonte è tedesca ossia la diretta interessata a mantenere la moneta unica come è oggi). Danno quindi che spaventa e che è da evitare assolutamente, in tutti i modi e con tutte le conseguenze del caso: in quest’ottica le affermazioni secondo cui Cavaliere è al capolinea o game overappaiono, giuste o sbagliate che siano, più che giustificate.
E se è corretto il quadro di potenziale vicinanza tra i più grandi uomini politici della scena internazionale odierna illustrato sopra, il rischio è che il contenimento russo per via tedesca sia una pia speranza, ogni commento è benvenuto. Se non sbaglio anche 75 anni fa si sperò in un contenimento tedesco ed invece venne siglato il patto Ribbentrop – Molotov, non precisamente il risultato da molti sperato…
Duole che da qualche anno a questa parte la corrente amministrazione USA abbia visto nel governo di Silvio Berlusconi un ex amico, pur anche dopo i numerosi attestati di fedeltà susseguitisi negli ultimi 20 anni. Se così fosse si rischierebbe di fare un grave errore, almeno a livello prospettico, errore le cui conseguenze – se applicabili – potranno essere valutate solo nel lungo termine. E questo sarebbe un peccato per un paese come l’Italia che, unico al mondo, quando deve metaforizzare l’eden ancora indica l’America (hai trovato l’America….).
Si attendono tempi difficili un po’ per tutti…
Jetlag per Mitt Dolcino
Fonte: www.scenarieconomici.it
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