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mercoledì 23 ottobre 2013

LA LEGGE DI STABILITA' POTREBBE ESSERE INCOSTITUZIONALE

Ma la Legge di stabilità è incostituzionale?






La Legge di stabilità potrebbe essere incostituzionale: ci allontana dal bilancio in pareggio e non aiuta a rilanciare l’economia. Prova provata che i vincoli a politiche espansive non vengono dall’Europa, ma da scelte della classe politica.
Da tempo sosteniamo che i vincoli a politiche fiscali espansive in Italia non vengono tanto dall’Europa quanto dal vincolo del bilancio in pareggio introdotto nella nostra Costituzione nel dicembre 2012. In quella occasione abbiamo adottato una legge rafforzata di attuazione del cosiddetto Fiscal Compact che emendava la Costituzione e prevedeva la messa in opera di un “meccanismo di correzione”, in caso di deviazione dal sentiero di avvicinamento a quest’obiettivo, sulla cui attuazione avrebbe dovuto vigilare un organo tecnico, il cosiddetto Fiscal Council.
La riprova che i vincoli più stringenti sono quelli che ci siamo autoimposti viene dalla Legge di stabilità che domani approda in Parlamento. Quando il Governo il 15 ottobre ne ha varato le linee guida, ci siamo chiesti perché ci si fosse posti un obiettivo pari al 2,5 per cento di disavanzo nel 2014, quando l’Europa ci imponeva solo di stare sotto al 3 per cento. Quello 0,5 per cento in più di flessibilità avrebbe, ad esempio, potuto essere utilizzato per rimpinguare la riduzione del cuneo fiscale, rendendola ben più visibile a lavoratori e imprese. Ma questi 8 miliardi circa di disavanzo ulteriore sarebbero incompatibili con un sentiero di avvicinamento all’obiettivo del bilancio in pareggio, quindi sarebbero incostituzionali.
Il problema in verità è ancora più complicato perché anche la Legge di stabilità presentata dal Governo potrebbe essere incostituzionale. Infatti, lo scenario macroeconomico descritto dal Governo per il 2014, prevede, come  si ricordava, un disavanzo pari al 2,5 per cento, mentre il disavanzo a legislazione vigente e che si otterrebbe senza Legge di stabilità è pari al 2,3 percento. Questo significa che, rispetto allo scenario a bocce ferme, la Legge di stabilità peggiora il disavanzo di 0,2. Ed è proprio questo 0,2 per cento che ci allontana dal bilancio strutturalmente in pareggio. Come si vede dalla tabella qui sotto, tratta dalla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, in assenza della manovra, il bilancio 2014 sarebbe strutturalmente in pareggio. Non ci stupirebbe se – tra qualche mese- la Corte Costituzionale annullasse  la Legge di stabilità approvata dal Parlamento. Un paradosso per il Governo del Presidente.
Il Governo può forse sperare che una deviazione relativamente limitata dal sentiero di avvicinamento del bilancio in pareggio passi inosservata, dato anche che il Fiscal Council ancora non esiste. Ma la sostanza è un’altra: o le regole di bilancio ci sono e vanno rispettate, oppure meglio cambiarle o spostarne apertamente nel tempo l’entrata in vigore e concederci maggiori margini di manovra per il taglio delle tasse.
SMETTIAMOLA DI PARLARE DI VINCOLI EUROPEI
E se decidiamo di posticipare l’entrata in vigore della legge 243, prevista per il 1 gennaio 2014, almeno smettiamola di dare colpa all’Europa quando siamo stati noi stessi a legarci le mani. Le vie di mezzo, rischiare un contenzioso costituzionale per fare un meno 0.2, hanno solo l’effetto di togliere ogni credibilità alle regole, senza peraltro sostenere l’economia.
QUADRO PROGRAMMATICO
tabella IV.3
BIO DELL'AUTORE
TITO BOERItitoPh.D. in Economia alla New York University, per 10 anni è stato senior economist all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, poi consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro. Oggi è professore ordinario all'Economia Bocconi, dove è anche prorettore alla Ricerca. E' Direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, responsabile scientifico del festival dell'economia di Trento e collabora con La Repubblica. I suoi saggi e articoli possono essere letti su www.igier.uni-bocconi.it. Segui @Tboeri su Twitter
PIETRO GARIBALDIgaribaldiProfessore ordinario di Economia Politica presso l'Università di Torino, è direttore del Collegio Carlo Alberto e responsabile degli studi sul lavoro della Fondazione Debenedetti. E' consigliere di sorveglianza e membro del comitato di controllo di Intesa SanPaolo. E' stato Consigliere economico del Ministro dell'Economia e della Finanze nel 2004 e 2005, e consulente in materia di lavoro per il Dipartimento del Tesoro. Ha conseguito il Ph.D. in Economia presso la London School of Economics nel 1996. Dal 1996 al 1999 ha lavorato come economista nel dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale, ed è stato professore associato presso l'Università Bocconi dal 2000 al 2004.

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