L’euro potrà non essere condannato, ma è comunque un disastro
Andy Rose (alias Spennacchiotto) colpisce ancora, non demorde, insiste...Su The Atlantic un commento al nuovo paper del prof. Rose con la confutazione di Krugman
Traduzione di Malachia Paperoga
L’euro è stato o no una catastrofe?
Sembra abbastanza evidente che lo è stato. La disoccupazione è al 27.6% in Grecia, 26.2% in Spagna, 16.5% in Portogallo, e 13.6 % in Irlanda, che, ricordiamo, dovrebbe essere l’ esempio di successo delle politiche di austerità. Cosa è accaduo? Beh, esattamente quello che gli euro-scettici temevano sarebbe successo quando ancora l’area valutaria comune era solo un’idea: uno shock ha colpito alcuni paesi europei più duramente di altri, e non c’è stato modo di raddrizzare la situazione. La politica della BCE (fatta su misura per tutti quelli che si chiamano Germania) ha lasciato ai paesi in crisi il taglio dei salari come unica possibilità di ritrovare la strada verso la prosperità – una soluzione che sarebbe abbastanza dolorosa, se mai avesse una qualche possibilità di funzionare. Ma è evidente che è una soluzione impraticabile in un momento in cui i tassi di interesse sono già schiacciati verso lo zero.
In altre parole, l’euro ha trasformato una recessione in una depressione, perché non consente ai propri paesi aderenti di reagire. Essi non possono svalutare la propria valuta o tagliare i tassi di interesse o lasciar crescere il proprio deficit quando arrivano i guai, perciò i loro guai diventano molto peggiori. Questa è la ragione per cui Paul Krugman è molto scettico riguardo al nuovo lavoro di Andy Rose che sostiene che i paesi con “tassi di cambio fissati rigidamente” (come l’euro) hanno avuto, dal 2006, performance economiche non peggiori di paesi dotati di una banca centrale propria con un target di inflazione. E' del tutto controintuitivo sostenere che un regime monetario meno flessibile possa lavorare altrettanto bene di uno più flessibile durante periodi di crisi finanziaria globale. Ed è pure contrario a ogni evidenza. Come Krugman sottolinea qui sotto, alti livelli di debito pubblico sono stati un problema solo per alcuni membri dell’euro, ma non per tutti gli altri. Come può essere vero che non c’è differenza tra paesi aderenti all’euro e paesi non-euro?
L’euro è stato o no una catastrofe?
Sembra abbastanza evidente che lo è stato. La disoccupazione è al 27.6% in Grecia, 26.2% in Spagna, 16.5% in Portogallo, e 13.6 % in Irlanda, che, ricordiamo, dovrebbe essere l’ esempio di successo delle politiche di austerità. Cosa è accaduo? Beh, esattamente quello che gli euro-scettici temevano sarebbe successo quando ancora l’area valutaria comune era solo un’idea: uno shock ha colpito alcuni paesi europei più duramente di altri, e non c’è stato modo di raddrizzare la situazione. La politica della BCE (fatta su misura per tutti quelli che si chiamano Germania) ha lasciato ai paesi in crisi il taglio dei salari come unica possibilità di ritrovare la strada verso la prosperità – una soluzione che sarebbe abbastanza dolorosa, se mai avesse una qualche possibilità di funzionare. Ma è evidente che è una soluzione impraticabile in un momento in cui i tassi di interesse sono già schiacciati verso lo zero.
In altre parole, l’euro ha trasformato una recessione in una depressione, perché non consente ai propri paesi aderenti di reagire. Essi non possono svalutare la propria valuta o tagliare i tassi di interesse o lasciar crescere il proprio deficit quando arrivano i guai, perciò i loro guai diventano molto peggiori. Questa è la ragione per cui Paul Krugman è molto scettico riguardo al nuovo lavoro di Andy Rose che sostiene che i paesi con “tassi di cambio fissati rigidamente” (come l’euro) hanno avuto, dal 2006, performance economiche non peggiori di paesi dotati di una banca centrale propria con un target di inflazione. E' del tutto controintuitivo sostenere che un regime monetario meno flessibile possa lavorare altrettanto bene di uno più flessibile durante periodi di crisi finanziaria globale. Ed è pure contrario a ogni evidenza. Come Krugman sottolinea qui sotto, alti livelli di debito pubblico sono stati un problema solo per alcuni membri dell’euro, ma non per tutti gli altri. Come può essere vero che non c’è differenza tra paesi aderenti all’euro e paesi non-euro?
Semplice: non è vero. Il lavoro di Rose esclude tutti i paesi dell’euro dalle sue osservazioni. Egli include tra i suoi cosiddetti paesi “rigidamente vincolati” solo paesi con “nessun corso legale separato, in regime di cambio fisso o in un accordo di aggancio valutario” . E’ una scelta illogica. Vedete, l’eurozona non ha un’unione fiscale o bancaria, perciò non c’è ragione per trattare la sua unione valutaria come se fosse un’unico insieme. Gli stati della zona euro non sono parti di uno stato federale, ma semplicemente stati con una fissazione di cambio reciproca particolarmente difficile da rompere. Lasciarli fuori dal campione non ha molto senso, e sfortunatamente condiziona pesantemente i risultati.
Ma questo non è l’unico errore. Possiamo vedere nella tabella di Rose riportata sotto che solo 63 tra gli 83 paesi che lui classificanel 2006 come “rigidamente vincolati” avevano ancora un vincolo valutario rigido nel 2012. E c’è di più. Tre dei 63 paesi rimanenti che hanno cominciato e finito il periodo di osservazione con agganci valutari rigidi, hanno in realtà abbandonato temporaneamente l’aggancio valutario durante il periodo. Perciò solo 60 degli 83 paesi classificati come “rigidamente vincolati” lo erano davvero.
Che dovremmo fare con questi 23 paesi che hanno abbandonato il loro vincolo valutario rigido? Presumibilmente essi hanno preso questa decisione perché sarebbe stato troppo doloroso mantenere il vincolo del cambio fisso durante la crisi finanziaria. In altre parole, essi hanno affrontato la scelta tra un alto tasso di disoccupazione e una valuta più debole, e hanno deciso per quest’ultima. E se questo è quanto è successo, non possiamo semplicemente ignorarli, altrimenti ignoreremmo quei paesi dove il cambio fisso ha probabilmente avuto gli effetti peggiori. Ma Rose li ignora, invece. In pratica Rose guarda ai 60 paesi dove il vincolo valutario ha funzionato, e conclude che i vincoli valutari funzionano sempre. Il suo metodo di selezione inficia l'intero risultato.
I vincoli valutari rigidi funzionano… fino a quando non funzionano più. Ma quando non funzionano, non funzionano sul serio. Come nella Grande Depressione. Sarebbe molto strano se io affermassi che il Gold Standard funzionava bene come qualsiasi altro regime monetario, se solo scartiamo gli anni ‘30. E’ strano come dire che oggi i vincoli valutari rigidi stanno funzionando, se solo si scartano i paesi dove non stanno funzionando. Perché di paesi dove non stanno funzionando ce ne sono un sacco.
Una buona metà di un continente, in effetti.
Una buona metà di un continente, in effetti.
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