Italia, bolletta d’oro imprese schiacciate dai costi di produzione le famiglie piangono
IL BELPAESE È IL PRIMO IMPORTATORE NETTO DI ENERGIA ELETTRICA AL MONDO. IL KEY WORLD ENERGY STATISTICS 2013 TRACCIA UN QUADRO NEGATIVO DELLA SITUAZIONE A COMINCIARE DALLE SPESE
Primo importatore netto di energia elettrica al mondo. Terzo in classifica per il gas naturale. Settimo per il petrolio. E nono per il carbone. Come corollario facilmente ipotizzabile il nostro Paese ha la bolletta elettrica più cara per le imprese dei 33 Paesi dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo tra gli Stati più avanzati. Arriva “solo” terzo, invece, per quanto riguarda il costo delle utenze domestiche, dopo Danimarca e Germania. Ma hanno un reddito pro capite netto ben superiore a quello degli italiani. L’Italia dell’energia descritta dal Key World Energy Statistics 2013, diffuso da poco, è un autentico cahier des doleances. Il vademecum del settore, opera dell’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, che ha sede a Parigi ed è una branca autonoma dell’Ocse, con i dati più aggiornati possibili (qualcosa del 2011, perlopiù del 2012) e una facile lettura aiuta a farsi una concreta idea della situazione mondiale per quanto riguarda produzione e consumi. Contribuendo a spiegare perché l’Italia arranca nelle classifiche sulla competitività delle imprese e sulla disponibilità economica delle famiglie. A livello generale l’indagine dell’Iea paragona la dipendenza dalle fonti energetiche di oggi a quelle del ‘73, l’anno della prima ricerca sul mondo dell’energia dell’agenzia parigina. In questo arco di tempo la dipendenza dal petrolio nel mondo è calata
dal 46 al 31,5%. Tra le altre fonti principali, l’uso del carbone è salito dal 24,6 al 28,8%. Quello di gas naturale è aumentato dal 16 al 21,3%. L’incidenza del nucleare è passata dallo 0,9 al 5,1%. E l’idroelettrico è cresciuto dall’1,8 al 2,3%. Le cosiddette rinnovabili incidono per l’1% contro lo 0,1% precedente. In calo dal 10,6 al 10% il biofuel e i rifiuti. Relativamente alla sola produzione di energia elettrica, il carbone consolida la prima posizione, passando dal 38,3 al 41,3% dell’incidenza tra le fonti a livello mondiale. È seguito dal gas naturale (il cui utilizzo è cresciuto dal 12,2 al 21,9%) e dal nucleare (salito dal 3,3 all’11,7%). Le cosiddette rinnovabili crescono dallo 0,6 al 4,5%. Precipitano invece il petrolio (dal 24,6 al 4,8%) e l’idroelettrico (dal 21 al 15,8%). Passando alla situazione italiana, il Key World Energetic Statistics 2013 rivela appunto che il nostro Paese è il primo importatore netto di energia elettrica, con 46 terawatt, sopra gli Usa (37), il Brasile (36), la Finlandia (14) e l’Argentina (10). Come importatore netto di gas naturale, l’Italia, con 68 miliardi di metri cubi, è terza dietro Giappone (122) e Germania (70) e davanti a Corea (48) e Turchia (45). Questo permette al nostro Paese di essere l’ottavo produttore al mondo di energia elettrica da gas naturale. Tra gli importatori netti di petrolio l’Italia è settima (con 77 milioni di tonnellate) dietro Usa (500), Cina (251), Giappone (177), India, Corea e Germania. Nono posto per l’Italia tra gli importatori netti di carbone: con 24 milioni di tonnellate, è preceduta da Cina (278), Giappone (184), India (158), Corea, Taiwan, Germania, Regno Unito e Turchia. Tra le altre fonti, infine, il nostro Paese è decimo al mondo per capacità installata (22 gigawatt) nel settore idroelettrico, una graduatoria guidata da Cina, Usa e Brasile. Tutto ciò si traduce ovviamente nel prezzo dell’energia e, in particolare, dell’energia elettrica, che tanta parte ha nella formazione anche del prezzo dei prodotti industriali. Tra i Paesi dell’Ocse, l’Italia detiene appunto il triste primato del costo della bolletta elettrica per le imprese: ogni megawatt orario costa 291,79 dollari americani. Un abisso la separa dal Giappone, secondo con 194,27 dollari, e ancora di più dalla Repubblica Slovacca (169.74). Seguono, poi, tra le prime dieci di questa classifica poco invidiabile nell’ordine Irlanda, Germania, Turchia, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito e Grecia. Per un Paese ancora fortemente manifatturiero un’autentica batosta. Cambia di poco lo scenario per quanto riguarda le utenze domestiche. In Danimarca vivono i nuclei familiari da questo punto di vista meno fortunati: pagano per ogni megawatt orario 383,43 dollari contro i 338,75 dollari dei tedeschi e i 288,40 dollari degli italiani. Seguono giapponesi, irlandesi, portoghesi, austriaci, belgi, olandesi e neozelandesi. L’Italia non brilla nemmeno nel rapporto stilato dal World Energy Council, un’organizzazione indipendente nata nel ‘23, che riunisce 90 Paesi ed è entrata nell’orbita delle Nazioni Unite. In questo caso, l’indagine analizza un “trilemma”, come lo definiscono i ricercatori del pensatoio. L’indagine, infatti, è redatta secondo tre parametri: sicurezza energetica, equità energetica e sostenibilità ambientale. Insomma, risponde a tre domande: un Paese è in grado di approvvigionarsi di energia in maniera stabile e sicura? Distribuisce l’energia alla popolazione in maniera equa? E quali ripercussioni hanno queste due fasi sull’ambiente? Al giudizio complessivo contribuiscono anche parametri che descrivono il contesto socio-economico del Paese. Ebbene, dal rapporto del Wec l’Italia esce in ulteriore peggioramento rispetto al 2012. Era 27esima, è 28esima. Grosso modo, viene considerata “ottima” per sostenibilità (è 24esima al mondo), “buona” per equità (risulta 34esima) e “mediocre” per sicurezza, posizionandosi al 69esimo posto, un risultato scontato se si pensa ai livelli di dipendenza dall’estero dell’Italia dell’energia. Né, secondo una terza ricerca, condotta da CapGemini, il nostro Paese può sperare più di tanto in un miglioramento complessivo della sua situazione energetica favorito dall’Unione europea. Secondo il gigante francese della consulenza aziendale, l’Europa dell’energia non esiste. Anzi, i suoi interventi (sul fronte ambientale, dell’efficienza energetica e così via) sono ritenuti addirittura negativi. (v.d.c.) La dipendenza dal petrolio nel mondo è calata dal 46 al 31,5%. Tra le altre fonti principali, l’uso del carbone è salito dal 24,6 al 28,8%
(25 novembre 2013)
http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2013/11/25/news/italia_bolletta_doro_imprese_schiacciate_dai_costi_di_produzione_le_famiglie_piangono-71867144/
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