Il Berlusconi che abbaia contro Bruxelles «non è credibile non solo per quello che è e rappresenta, ma anche per quello che ha votato, sia come presidente del Consiglio, sia nell’anno di sostegno al governo Monti». Eppure, quello che ora va dicendo – anche solo per tenere sotto ricatto il governo Letta-Napolitano, chiedendo all’establishment di proteggerlo dalla magistratura, è tragicamente vero: grazie alla scure del rigore, l’Italia rischia di fare la stessa fine della Germania democratica di Weimar, arresasi a Hitler dopo che, negli anni ’20, l’intransigenza rigorista delle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, Francia in primis, l’avevano costretta alla disperazione per fame. Anche allora, osserva Giorgio Cremaschi, destra e sinistra subirono il diktat del debito. Per poi essere scavalcate da chi lo rifiutò nettamente: i nazisti.
«Il sistema politico di quel paese, fondato sulle larghe intese tra socialdemocrazia e centrodestra democratico, cercò di barcamenarsi un po’ pagando il debito e un po’ cercando di dilazionarlo», scrive Cremaschi sul blog “Per un movimento anticapitalista”. «La crisi economica degli anni Trenta travolse la giovanedemocrazia tedesca e portò al potere Hitler, che subito dichiarò la denuncia unilaterale del pagamento delle riparazioni di guerra». Un successo clamoroso: «Le potenze democratiche occidentali subirono e concessero al dittatore tedesco quello che avevano rifiutato ai governi democratici». Oggi, in Italia, l’unico politico nazionale che si è incaricato di denunciare Bruxelles è Silvio Berlusconi, uno che però «non ha alcuna credibilità personale e politica quando afferma che l’Italia deve ignorare i vincoli europei e sforare il tetto al 3 % al deficit pubblico, e così non aumentare l’Iva». Berlusconi non ha mai esitato a praticare politiche neoliberiste, e inoltre si è rassegnato a sostenere il governo di Mario Monti.
Secondo il primo ministro conservatore britannico David Cameron, inserire addirittura nella Costituzione la norma aberrante del pareggio di bilancio significa mettere fuorilegge le politiche keynesiane, su cui si fonda il welfareeuropeo, concepito per impedire che larghi strati sociali possano soffrire. Proprio l’attacco alla Costituzione democratica nata dall’antifascismo è firmato dall’élite che vuole il nostro annientamento economico: insieme alle super-lobby come la Ert, che emanano diktat a cui Bruxelles obbedisce, è la stessa Jp Morgan Chase, colosso di Wall Street, a puntare il dito contro le Costituzioni europee che prevedono “troppi diritti” per cittadini e lavoratori. Di qui l’abc dell’intero dispositivo della politica di rigore, varato dalla Commissione Europea. Problema: «L’adesione al Fiscal Compact e a tutti i patti e ai vincoli connessi, il sostegno a Draghi – e prima a Trichet e allapolitica della Bce – sono tutti atti condivisi e votati da Berlusconi e dalla destra, Lega compresa», ricorda Cremaschi.
Quindi, anche le ultime sortite del Cavaliere fanno parte del teatrino della politicaitalica, secondo un copione poco serio che prevede immancabili correzioni e smentite, accanto al «rinnovato e caloroso sostegno al governo Letta, che del vincolo europeo ha fatto una bandiera». Se dunque Berlusconi non è credibile quando esorta l’esecutivo a ignorare i vincoli europei, «nulla toglie al fatto che essi siano oramai insostenibili per noi, come le passate riparazioni di guerra della Germania». La realtà è ormai drammatica: «L’Italia è in una recessione senza fine, che si aggrava anche per le politiche di austerità e rigore di bilancio». Ogni anno, aggiunge Cremaschi, dobbiamo trovare circa 80 miliardi di euro solo per pagare gli interessi sul debito. E dal 2014, secondo il patto fiscale europeo, «dovremmo anche cominciare a ridurre lo stesso ammontare del debito, almeno di 50 miliardi di euro all’anno». In tutto, ogni anno dobbiamo tirar fuori 130 miliardi, «che vengono sottratti al paese e alla economia reale per foraggiare banche e finanza. E per di più dovendo avere il bilancio pubblico in sostanziale pareggio».
Si è facili profeti, continua Cremaschi, a prevedere che lo Stato dovrà ancor più programmare tagli di spesa e massacro sociale, con l’effetto che la crisi si aggraverà e – paradossalmente – il debito continuerà ad aumentare. «Stiamo seguendo esattamente la via della Grecia, che ogni giorno chiude qualche istituzione pubblica, ultime le orchestre sinfoniche, dopo aver chiuso le fabbriche, abbassato il salario a 500 euro al mese e svenduto alle multinazionali tutto ciò che poteva essere messo all’asta». Lo stesso Fondo Monetario Internazionale, non certo un’associazione marxista, ha recentemente rimproverato le istituzioni europee di aver esagerato con l’austerità in Grecia. «Ha risposto stizzito il “progressista” Draghi, rivendicando tutto. Quindi in Italia come in Grecia si va avanti, la guerra continua fino alla distruzione finale. A meno di non dire un chiaro no alla continuazione di queste politiche economiche criminali». O saranno le forze democratiche a rompere i vincoli europei, o questi ultimi distruggeranno la nostra democrazia. Basterebbe «dire basta al pareggio di bilancio e al Fiscal Compact, magari presentando a Giorgio Napolitano il conto di quanto sono aumentati il debito pubblico, la disoccupazione e la povertà da quando rigore e austerità sono diventate bandiere costituzionali».
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