di Piergiorgio Odifreddi, da repubblica.it
Ci risiamo. Solo un paio di mesi fa, il 29 marzo, avevamo dovuto assistere, a proposito del caso Aldrovandi, “da un lato, all’onore di una madre che rivendicava silenziosamente rispetto per la memoria del figlio brutalmente assassinato, e dall’altro al disonore di coloro che manifestavano a favore dell’impunità per gli assassini”. Il sindacato autonomo di polizia Coisp aveva infatti ritenuto eccessivi persino i sei mesi di carcere inflitti ai quattro poliziotti che avevano massacrato di botte e assassinato il ragazzo, e aveva inscenato una protesta di fronte al luogo di lavoro della madre.
Ma, almeno, i responsabili erano stati condannati, anche se a una pena risibile di soli tre anni e sei mesi, poi scontati a sei ridicoli mesi per sopravvenuto indulto. Oggi, invece, i responsabili dell’analogo massacro ai danni di Stefano Cucchi sono addirittura stati assolti “per non aver commesso il fatto”.
Anche questa volta i fatti sono tristemente noti. Un ragazzo epilettico di 31 anni è arrestato il 15 ottobre 2009 per possesso di alcuni grammi di hashish, cocaina e antiepilettici (sic). Il giorno dopo viene processato per direttissima, e arriva in aula con gli occhi pesti e barcollante. Gli vengono riscontrate una frattura alla mascella, due alla colonna vertebrale e un’emorragia alla vescica. Rientrato in carcere, il 22 ottobre muore, dopo aver perso in una settimana sei chili su quarantuno.
L’ex carabiniere Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, inizia subito l’opera di sciacallaggio, dichiarando che il ragazzo è morto per anoressia e tossicodipendenza. Dopo le indagini, tredici persone sono variamente incriminate: gli agenti penitenziari, per il pestaggio, gli infermieri del carcere, per omissione di soccorso, e i medici dell’ospedale civile dove il giovane morì, per omissione di cure.
Oggi gli agenti e gli infermieri, accusati di “abbandono di incapace, abuso d’ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità” sono appunto stati assolti “per non aver commesso il fatto”, mentre i medici dell’ospedale hanno ricevuto una condanna a due anni per “omicidio colposo”. Quanto ai famigliari della vittima, non è rimasto altro che constatare che il loro ragazzo è stato ucciso per la seconda volta.
Naturalmente, frange fasciste o fascisteggianti dell’esercito e della polizia, pronte ad abusare in senso autoritario delle loro funzioni, ci sono sempre state. Ma nell’era Berlusconi-Fini-Bossi esse hanno ricevuto immunità e impunità, e quest’era evidentemente non è finita. Il che significa che, se le cose da cambiare nel nostro paese sono molte, lo sradicamento del fascismo e delle sue manifestazioni istituzionali non è certo l’ultima di esse.
(6 giugno 2013)
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