A leggere le pagine dei quotidiani nazionali, sembrerebbe che dal Consiglio Europeo sia arrivato il segnale dell’iniziale cambio di rotta dall’austerità verso la crescita.
L’approvazione del “Two-Pack” viene descritta da molti come: “un segno di maggior attenzione alle politiche e agli investimenti per la crescita e l’occupazione”, inoltre all’interno del regolamento: “i ministri delle Finanze dell’Ue hanno trovato un primo accordo per allungare le scadenze dei prestiti concessi a Portogallo e Irlanda: è un cambio di passo significativo nell’opzione tra l’austerità e la crescita.”L’europarlamentare del PD Roberto Gualtieri, negoziatore per il gruppo Socialisti&Democratici nel gruppo di lavoro costituito dal presidente Herman Van Rompuy sul futuro dell’Unione economica e monetaria, ha affermato che: “Il voto di oggi sul ‘two-pack’ segna un primo importante passo verso il superamento della linea dell’austerità in favore di un migliore equilibrio tra disciplina di bilancio, sostegno alla crescita e solidarietà nella politica economica dell’UE”.
Ma, come dicevano i latini: Do ut des.
Si, perché se è vero che grazie ad una serie di emendamenti presentati al Parlamento europeo rispetto al piano del 2011, tra cui, in caso di stress economico, la possibilità per Stati membri di avere più possibilità di manovra su alcuni capitoli di spesa e investimenti; con “l’altra mano” il Consiglio Europeo ha voluto qualcosa in cambio. Non poco.
A partire dal 2014, è infatti previsto che il 15 ottobre di ogni anno i 17 Stati membri dell’Unione presentino alla Commissione loro budget per l’anno successivo e, a differenza delle ormai famose “raccomandazioni” degli anni passati, Bruxelles potrà mettere mano, fino eventualmente a porre il veto, direttamente sui bilanci nazionali di quei Paesi che si discostano dagli obblighi del Patto di stabilità; con la possibilità inoltre di emettere sanzioni verso chi non volesse adeguarsi.
In particolare, saranno tenuti sotto la lente d’ingrandimento i Paesi, come l’Italia, sottoposti ad una procedura di deficit eccessivo; per non menzionare gli Stati che hanno ricevuto finanziamenti straordinari dovuti alle loro emergenze, come Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro; per questi è previsto un programma di aggiustamento macroeconomico.
Il risultato è sempre lo stesso: perdita di sovranità da parte degli Stati membri in materia finanziaria. È necessario sottolineare che questo enorme potere decisionale, nel bel mezzo della crisi economica, verrà affidato nelle mani della Commissione Europea, organismo tecnocrate, simbolo del deficit democratico vigente all’interno della UE. Deficit che potrà essere superato solo al momento di una maggior integrazione politica, che, in nome dell’urgenza economica, viene sempre rimandata.
Non avendo più nemmeno l’ombra di una sovranità su spesa e scelte d’investimenti, viene da chiedersi su quali programmi elettorali i cittadini, in particolare noi Italiani e quelli dei Paesi citati in precedenza, baseranno il proprio voto in futuro? Con quali differenze? Su quali promesse? Su quali piani economici? Per non chiedersi se varrà ancora la pena votare.
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