Vendola, le responsabilità del disastro e il cantiere della Sinistra che verrà.
Vendola vuole aprire, finalmente, una Costituente capace di riunire la Sinistra italiana.
Sembra pentito dello slancio centripeta degli ultimi tempi e dello snobismo tenuto nei confronti degli appelli e delle iniziative degli ultimi due anni volte a tal scopo.
Ora vuole costruire “una sinistra di governo” che è un po’ come rivivere un remake della “vocazione maggioritaria” del PD. Come se si potesse decidere a tavolino in fase di fondazione se il partito avrà i numeri per governare o anche solo l’aspirazione. Se fosse così facile, perché fino ad ora si è limitato a pochi punti percentuali ed ora sta scomparendo nei sondaggi? Gli piaceva essere minoritario nell’alleanza col PD o cosa?
Come se fosse giusto poi, partire da questa vocazione al governo e non dalla definizione (riappropriazione) di valori, contenuti e programmi REALMENTE di sinistra. Con la serietà politica che a Vendola è mancata, i voti si prendono, si raddoppiano anche. Basta smetterla di rincorrere il PD e “il centro” nella speranza di poterlo influenzare.
Vendola e il suo “cerchio magico” non si sognano lontanamente di aprire un percorso di riflessione; una fase di analisi sui propri fallimenti, sulle proprie colpe, responsabilità e mancanze, politiche e morali. Si sganciano in tempo dal PD più imbarazzante di sempre e rilanciano un cantiere che sotto la sua guida appare più votato al restyling di SEL che non ad una reale aggregazione unitaria a sinistra. D'altronde sono anni che la deridono, ad essa da un bel po’ preferiscono le Primarie, il PD, il “centro moderato e liberale”.
Come nella migliore tradizione della seconda repubblica, quando il consenso tocca il fondo, e le responsabilità delle dirigenze dovrebbero venire a galla, non c’è turn-over. C’è riciclo.
E’ più facile cambiare nome e logo al partito che cambiare rotta, dirigenza e leadership.
Si tratta di una bella rimbiancata sulla mediocrità e sulle colpe, che fa fede sulla memoria corta del cittadino medio e sulla sudditanza ideologica del militante. PCI - PDS – DS – PD insegnano.
Qual è il miglior modo per inaugurare una Costituente di questo tipo? Ovvio, mettere in bella mostra sull’evento la faccia del leader di sinistra che più di tutti si stava spostando al centro (quindi verso destra) e che solo pochi giorni fa sembrava disposto a sciogliere il suo partito nel PD.
Venti anni di “inciucio” e di contiguità con Berlusconi non gli avevano detto niente prima delle elezioni e prima della rielezione di Napolitano?!
Strano. Quello che sta facendo oggi la base PD (o parte di essa), cioè occupare sedi e bruciare tessere è quello che dovrebbero fare i militanti di SEL.
Nel PD ormai è perfettamente inutile perché avviene con un ritardo avvilente, di anni, e comunque in una fase in cui tali gesti non hanno più la forza di poter incidere su nulla. Ora i loro dirigenti si vedranno bene di tornare alle urne nel breve periodo e si preparano a Governare con Monti e Berlusconi, esattamente come un anno e mezzo fa. Ci aspetteranno altre riforme delle pensioni, altri fiscal compact, altri IMU. Altra distruzione scientifica di welfare, istruzione, lavoro e diritti.
E’ perfettamente inutile perché il PD è già morto. E forse è un bene.
Contrariamente, tutto ciò dovrebbero farlo i militanti di SEL (nelle loro sedi occupate, con le loro tessere in fiamme) che sembrano aver digerito sin troppo bene la palude in cui Vendola li ha trascinati. Con grande indulgenza per il leader continuano a non mettere in discussione nulla di quel percorso e della sua leadership. Nella migliore delle ipotesi si sente parlare di “sviste, scivoloni, abbagli” ma mai di responsabilità politiche che meritano una riflessione seria e delle dimissioni.
Vendola, con il grande narcisismo che lo caratterizza, dimostra di non aver alcuna intenzione di emancipare il suo partito, affrancandolo dal suo asfissiante personalismo. La sua base sembra assopita e disposta a continuare nel culto costruito ad arte dalla dirigenza durante la preparazione per la sfida delle primarie, come raccontato da Alfonso Gianni già a Novembre nelle sue riflessioni ed inviti al ripensamento.
Con Vendola posto a promotore e “leader naturale” di questa Costituente, il progetto muore nella culla. Il primo segno di cambiamento, di comprensione del periodo storico e di reale apertura verso “tutta la sinistra e la sinistra di tutt*” è l’assunzione di responsabilità e le dimissioni.
Per evitare di essere additato come un disturbatore e per scongiurare la triste, vecchia filastrocca del “noi cerchiamo di cambiare le cose dal di dentro, e tu che fai? Parli e basta” continuerò utilizzando le parole di chi dentro SEL c’era, e sin dalla prima ora, ma ne è uscito senza prestarsi alla deriva delle primarie e alle regole antidemocratiche del “cerchio magico Vendoliano”.
Si tratta di uno dei comunicati di defezione da SEL che si sono susseguiti negli ultimi mesi ma forse quello che meglio di altri ne traccia le ragioni e segna la via maestra per quando anche gli altri compagni prenderanno coscienza. Qui il link al comunicato integrale:
“Nel contempo, elementi di inquietudine permanevano circa le modalità di costruzione del partito, negativamente segnate da una sovraesposizione sempre più smodata della figura del Portavoce nazionale, dalla creazione intorno ad esso di un gruppo dirigente fondamentalmente legittimato da meccanismi cooptativi, dal grado totalmente insoddisfacente di attenzione verso la costruzione di strutture organizzative efficaci e radicate sul territorio e nella società, dall’inesistenza di efficaci canali di confronto e da un grado di democrazia interna sempre più insoddisfacente. In SEL si faceva strada un meccanismo di ricerca del consenso fondato sempre più sull’esposizione mediatica del leader, giustificata con l’esigenza di preparare la sua candidatura alle primarie alla quale, ad un certo punto, è sembrata essere finalisticamente orientata l’intera esistenza del partito.
[..] “Vincere le primarie” è diventato l’unico imperativo, ed in nome di esso è stata elusa ogni possibile discussione e riflessione critica sia sull’effettiva realizzabilità delle parole d’ordine proposte durante la campagna elettorale, sia sulla effettiva capacità della candidatura di Vendola di inserirsi in modo significativo nello scontro al vertice fra i due candidati del PD; tanto da far pensare che l’obiettivo reale della candidatura stessa fosse non la sua vittoria, ma “pesare” SEL nei rapporti di forza della coalizione.
Sul risultato nella sostanza deludente (la conquista della terza posizione, con meno di metà dei voti del secondo) non è mai stato avviato il minimo percorso di riflessione: il sostegno a Bersani nel ballottaggio è stato assunto come conseguenza naturale della partecipazione alle primarie, ed in quanto tale non suscettibile di discussione. A partire da questo momento, la prassi democratica in SEL si è definitivamente rivelata essere un optional: l’indicazione da parte del vertice nazionale di una ventina di candidati “garantiti” a prescindere dal risultato delle primarie interne; il modo in cui sono state espresse e gestite le candidature; la concreta formulazione finale delle liste hanno fatto esplodere nel partito quel dissenso che non aveva trovato canali efficaci di espressione negli organismi nazionali e nemmeno nell’assemblea autoconvocata del 30 settembre. Dissenso che, verosimilmente, non era nemmeno nei conti del gruppo dirigente di SEL, del suo portavoce e di quello che – con un concetto e un linguaggio degni più di un gruppuscolo di destra estrema che di un partito che vuol essere di sinistra – viene chiamato il suo “cerchio magico”. E che si è improvvisamente manifestato dal livello nazionale a moltissime realtà locali, comprese alcune di quelle più solide, con l’ uscita pubblica da SEL di molti compagni, con il rimandare da parte di altri una decisione in merito a dopo le elezioni, con un malessere che comunque serpeggia malgrado i richiami all’ordine e alla disciplina interna.”
E continua:
“A noi, che abbiamo condiviso tutto il percorso di SEL dalla fondazione, a questo punto non interessa rimanere in un partito che:
ha per anni proclamato di voler costituire il polo aggregante di un formazione politica di sinistra, per finire a costituire una componente non essenziale di una coalizione di centrosinistra articolata sul protagonismo di un partito reduce fresco dal sostegno determinante al disastroso ministero Monti, e connotata comunque in senso estremamente moderato: partito al quale chiunque di noi avrebbe potuto aderire in alternativa a SEL, dalla sua fondazione ad oggi, e non lo ha fatto perché da esso lo dividono insormontabili divergenze di cultura e collocazione politica;
non ha chiarito – perché non può e non vuole chiarire – quale atteggiamento assumerà nella non improbabile eventualità della costituzione di una maggioranza comprendente il centrosinistra e la coalizione clerical-moderata con a capo il Presidente del Consiglio uscente, soluzione caldeggiata da moltissimi dentro il PD e non esclusa dal candidato premier di quel partito, così come non era esclusa dalla Carta di intenti;
ha condotto per le primarie e va conducendo tuttora una campagna elettorale velleitaria e mistificatrice, attraverso la quale cerca di accreditarsi come forza in grado di influenzare da sinistra in modo determinante la coalizione verso il rispetto o l’attuazione di punti programmatici che stridono con i fondamenti programmatici della coalizione stessa; ed al tempo stesso si ritrova a rispolverare il vecchio tema del voto utile, fingendo di dimenticare che si tratta dello stesso ciarpame propagandistico utilizzato nel 2008 contro uno schieramento elettorale di cui faceva parte la larga maggioranza degli attuali esponenti di SEL, con un effetto che sarebbe comico se non fosse ridicolo;
ha dimostrato – dal livello nazionale a quello locale – nei suoi gruppi dirigenti una profonda ignoranza delle regole di base e delle pratiche fondamentali di democrazia interna; nella massa degli aderenti la volontà di assicurare comunque consenso, sostegno e legittimazione ad atteggiamenti di questo genere. Al di là di proclami e dichiarazioni d’intenti che si rivelano sempre più vuoti, entrambi questi atteggiamenti rappresentano i tratti più desolanti della cultura politica autoritaria, intollerante, verticistica della sinistra: quella che SEL si era riproposta di accantonare attraverso un’azione di educazione politica che, nei fatti, non ha nemmeno iniziato.
Permanere in una formazione politica di questo genere non ci sembra avere più alcun senso, tanto più in un momento – come quello presente – cruciale per le scelte inerenti il futuro del paese; e la lasciamo oggi anche sotto il profilo formale. L’impegno per dare all’Italia una formazione di sinistra veramente capace di incidere in quanto tale, di vincere ma ancor prima di svolgere per il tempo che sarà necessario l’indispensabile lavoro di radicamento e preparazione politica, rimane immutato. Nutriamo la sicura convinzione che in questo percorso ci incontreremo nuovamente con buona parte degli attuali aderenti e sostenitori di SEL, quando anche per loro diverranno insostenibilmente palesi gli elementi di contraddizione e mistificazione nei quali si è impantanato un progetto che era comune. Prima avverrà, meno tempo si sarà perduto sulla strada della ricostruzione di una sinistra culturalmente autonoma, solida e vittoriosa.
21 febbraio 2013.”
Senza questa riflessione ed assunzione di responsabilità da parte di Vendola e dei vertici di SEL, ma soprattutto di consapevolezza da parte di quel che è rimasto della sua base, non ci potrà essere nessun percorso di ricostruzione della Sinistra.
Solo l’ennesimo caso di riciclo.
(23 aprile 2013)
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