εὕρηκα

εὕρηκα
HOME PAGE

domenica 18 agosto 2013

El Sebaje: la brutalità dei militari o la fine dell’Egitto

«Immagino ora vogliate sapere come andrà a finire in Egitto: e allora, se non avete il cuore tenero, ve lo dico». L’unica alternativa alla guerra civile, sostiene un osservatore speciale come Sherif El Sebaje, giornalista e attivista per i diritti umani, è una repressione durissima, sperando che la strage sia “contenuta”, nonostante tutto, nella sua durata e nel “tributo di sangue”. Unica soluzione, dice, per aggirare quello che considera un cinico calcolo dei Fratelli Musulmani: suscitare l’indignazione del mondo e distruggere un Egitto che non potrebbero più governare. «Premetto che la soluzione che qui di seguito verrà illustrata non è quella che mi piace o quella che suggerisco, ma è quella che verrà molto probabilmente adottata in base ai dati e ai segnali che percepisco». Ed è anche quella che ha storicamente funzionato con la Fratellanza egiziana: «Stiamo parlando della cura Nasser. E non a caso, visto che il generale El Sissi viene spesso paragonato dagli egiziani che lo sostengono al leader degli anni ‘50 e che persino la figlia di Nasser l’ha pubblicamente invitato a candidarsi come presidente».
Secondo El Sebaje, autore di un post su “Salamelik” tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte”, il piano degli islamisti egiziani «prevede, nella sua Orrore in Egitto, salme allineate in una moschea-obitorioprima fase, la ricerca del martirio», puntando ad “esibire” «il maggior numero possibile di vittime», pur di «muovere a compassione un Occidente boccalone, innamorato dell’idea della democrazia che vince sempre e ovunque, anche se sono i nazisti a beneficiarne». A fronte dei leader di una Fratellanza che non esita a «sacrificare poveri innocenti indottrinati pur di ritornare sulle comode poltrone che qualcuno ha avuto la brillante idea di far provare loro per un anno», secondo El Sebaje «l’unico rimedio è dichiarare la legge marziale e istituire tribunali speciali con condanne capitali immediatamente esecutive nei confronti di alcuni leader». Vero obiettivo: costringere i rimanenti leader, dal carcere, a bloccare il loro piano eversivo: che «prevede di Sherif El Sebajedistruggere il paese nel caso non siano loro a governare».
La “cura” del pugno di ferro «ha funzionato negli anni ‘50 con i Fratelli», adottata dal generale terzomondista Nasser, ma anche negli anni ’90, sotto Mubarak, «con i qaedisti, che poi sono i loro amichetti, giochi di ruolo (moderati vs estremisti) a parte».  E funzionerà ancora, dice l’analista. «Tutto questo di democratico ha ben poco, me ne rendo conto», ammette El Sebaje. «Sono consapevole che quanto detto solleverà, come due anni fa, il solito coro indignato che mi dipingerà come reazionario conservatore fascista. Ma ormai – aggiunge – credo si sia capito chi sa di cosa parla e chi invece delira». Questi, piaccia o meno, sono «i passaggi obbligati di una simile fase storica». Prima o poi, conclude il blogger, arriva il Terrore: «Quello della Fratellanza che passerà agli attentati, e quello dell’esercito che deve cercare di evitare uno scenario da guerra civile». Tutto questo, «nella logica perversa del Medio Oriente», un territorio che purtroppo «rimarrà quello che è, nonostante Facebook e Twitter». Per El Sebaje, «meglio la morte di pochi che la fine di un paese». Specie se si tratta di un paese-chiave come l’Egitto.

Nessun commento:

Posta un commento