Una delle ragioni per cui non ci sono persone che lavorano per far crollare il sistema che sta uccidendo il pianeta è che le loro vite dipendono dal sistema. Se la tua esperienza è che il tuo cibo viene dal negozio di alimentari e la tua acqua dal rubinetto, allora difenderai alla morte il sistema che ti porta quelle cose perché dipendi da esse. Siamo diventati così dipendenti da questo sistema che ci sfrutta e ci uccide che è diventato quasi impossibile per noi immaginare di viverne al di fuori. L’altro problema è la paura che abbiamo di avere ancora qualcosa da perdere. Abbiamo molto da perdere se questa cultura dovesse crollare. Una ragione primaria per la quale così tanti di noi non vogliono vincere questa guerra – o persino riconoscere che sia in corso – è che abbiamo dei benefici materiali dal saccheggio procurato da questa guerra. Quanti di noi rinuncerebbero ad automobili e cellulari, docce calde e luce elettrica, negozi di alimentari e vestiti? Ma la realtà è che il sistema sta uccidendo il pianeta.
Anche in assenza del riscaldamento globale, questa cultura ucciderebbe ancora il pianeta, facendo fuori branchi di balene e stormi di uccelli, facendo saltare le cime delle montagne per accedere agli strati di carbone e bauxite, eliminando interi ecosistemi. Tutta questa violenza inflitta ad un intero pianeta per far funzionare un’economia basata sulla nozione folle ed immorale che possiamo sostenere le società industriali, il tutto mentre buttiamo la vita e gli ecosistemi del pianeta basati sulla terra. E la fantastica retorica che promulgano coloro che insistono sull’adattamento a questi cambiamenti – che la tecnologia troverà una soluzione, che ci possiamo adattare, che il pianeta può e si conformerà alle soluzioni nel mercato – è pericolosa.
Un’altra parte del problema sono le narrazioni che stanno dietro al modo di vivere di questa cultura. Le premesse di queste narrazioni ci accordano i diritti ed i privilegi esclusivi di dominio su questo pianeta. Che tu aderisca alla religione della Scienza o della Cristianità, queste narrazioni ci dicono che la nostra intelligenza e le nostre capacità ci permettono diritti e privilegi esclusivi di esercitare il nostro volere sul mondo, che è qui perché noi lo usiamo. Il problema di queste storie, che voi ci crediate o no, è che queste hanno effetti reali sul mondo fisico. Non importa che le storie che ci hanno raccontato siano fantasia, ciò che importa è che le narrazioni siano fisiche. Le storie della Cristianità potrebbero essere di fantasia? Fingiamo per un momento che Dio non esista. Bene, le Crociate sono comunque avvenute.
Le nozioni di razza o genere: possono essere oggetto di discussione. Ma, ovviamente, razza e genere contano. Non sono una cosa reale, ma tutto ciò ha effetti sul mondo reale: gli afroamericani costituiscono il 58% della popolazione carceraria, e un terzo di tutti gli uomini di colore fra i 20 e i 29 anni sono sotto qualche forma di sorveglianza da parte della giustizia. C’era quel serial killer che uccideva le donne a Santa Cruz. Delle voci nella sua testa gli dicevano che, se non uccideva quelle donne, la California sarebbe scivolata nell’Oceano. E’ evidente che questo tizio fosse delirante, un pazzo totale e malato in testa, ma le sue illusioni hanno comunque avuto effetti nel mondo reale. Anche Hitler aveva il delirio che gli ebrei stessero avvelenando la razza. Quel delirio ha avuto effetti nel mondo reale. Nel mondo reale non ci può essere una scissione fra cultura e natura. Non si può vivere in un pianeta ed ucciderlo allo stesso tempo.
La produzione è essenzialmente la conversione del vivente nel morto: animali in salumi, montagne e fiumi in lattine d’alluminio per la birra, alberi in carta igienica, petrolio in plastiche e computer. Ogni bene col quale si viene in contatto è imbevuto di petrolio, fatto di risorse, contrassegnato dalla trasformazione del vivente in morto: la produzione industriale. E con conflitti e guerre siamo condotti o istigati da questa cultura ad accedere (rubare) le risorse necessarie per alimentare la colossale macchina di questa economia, questa cultura liquida, massacrando intere comunità di persone non industrializzate: i vecchi, i bambini che si attaccano alle loro madri mentre droni cacciano spettatori barcollanti, l’innocente e il vulnerabile riportato come “danno collaterale”. Himmler usava un epiteto simile per ebrei, gitani, polacchi, serbi, bielorussi ed altri popoli slavi in un librettopubblicato e distribuito dalla Sede Centrale per la Soluzione e la Razza delle Ss: “Untermenschen” (sotto-uomini).
Questo è un prezzo accettabile che dobbiamo pagare, così ci viene detto. Negli Stati Uniti vengono perdute più vite settimanalmente a causa di cancri evitabili ed altre malattie di quante se ne perdano in 10 anni di attacchi terroristici. E le multinazionali per le quali questa cultura combatte dall’altra parte dell’oceano, sono le stesse organizzazioni imputabili di queste morti interne settimanali. Un’economia di crescita infinita non è solo folle e impossibile. E’ anche ingiuriosa, basata sulla stessa presunzione di forme di abuso più personali. Di fatto è la consacrazione macroeconomica del comportamento di abuso. Il principio guida del comportamento di abuso è che chi abusa rifiuta di rispettare o di conformarsi a limiti o confini posti dalle vittime. Le economie della crescita sono essenzialmente incontrollate e spingeranno oltre ogni confine posto da nessun altro che non siano i perpetratori.
E chi abusa con successo si assicurerà sempre che ci sia qualche “beneficio” per la vittima. In questo caso, per esempio, possiamo guardare la Tv, possiamo avere il computer e l’accesso per giocare online – otteniamo “benefici” che ci tengono sostanzialmente allineati. Inoltre, secondo le storie del capitalismo industriale, questo sistema economico deve costantemente aumentare la produzione per crescere. E cos’è, dopotutto, la produzione? Di fatto è la conversione del vivente nel morto, la conversione di foreste viventi in legname da taglio, fiumi viventi in bacini stagnanti per generare elettricità, pesce vivente in bastoncini di pesce ed infine tutto questo in soldi. E cos’è in realtà il Pil? E’ una misura di questa conversione del vivente in morto. Più rapidamente il mondo vivente viene convertito in prodotti morti, più alto è il Pil. E queste semplici equazioni sono complicate dal fatto che quando il Pil scende, spesso la gente perde il lavoro. Non c’è da meravigliarsi che il mondo venga ucciso.
Dare per scontato il capitalismo industriale quando si tratta di soluzioni al riscaldamento globale è assolutamente assurdo e folle. Non è in contatto con la realtà fisica. Inoltre ha effetti disastrosi sulla realtà fisica. Se spingi un pianeta a conformarsi ad una ideologia si ottiene quello che si ottiene. In realtà la Terra non è e non potrà mai essere un’ideologia: la Terra è fisica, è reale. Ed è fondamentale. Senza suolo non c’è terreno sano, e senza terreno sano non mangi, muori. Senza acqua potabile e pulita, muori. Uno dei problemi della nostra cultura è la mancanza di capacità di separare l’ideologia dai bisogni del mondo naturale. E così, se le soluzioni al riscaldamento globale non affrontano immediatamente i bisogni fondamentali del pianeta, be’, siamo fottuti. Negli anni ‘40, in Germania, i “camion a gas” di Arthur Nebe erano ampiamente in uso. Coloro che li guidavano non hanno mai pensato a se stessi come a degli assassini, solo come a persone qualsiasi, pagate per guidare un camion, per fare un lavoro. Oggi, chi lavora per Boeing, Ratheon, Weyerhaeuser, Exxon Mobil, Bp, il Pentagono, si vedrà sempre come impiegato, non assassino. Vedrà sempre se stesso come qualcuno che fa un lavoro che dev’essere fatto.
Flaconi di spray per capelli, telecomandi di televisori e bottiglie da due litri di “Jolt Cola”: ognuna di queste cose, per molta gente, è più importante delle lamprede, dei salmoni, dei gufi maculati, degli storioni, delle tigri e delle nostre stesse vite. E questa è una parte enorme del problema. Quindi, naturalmente, non vogliamo vincere: perderemmo la nostra Tv via cavo. Ma io voglio vincere. Col mondo che viene ucciso, io voglio vincere e farò qualsiasi cosa serva per vincere. Quando Adolf Eichmann si è trovato di fronte alla Corte Distrettuale di Gerusalemme e gli è stato chiesto perché è stato d’accordo con la deportazione degli ebrei nei ghetti e nei campi di concentramento, la sua risposta è stata: «Nessuno mi ha mai detto cosa stavo facendo di sbagliato».
Oggi, 200 specie si sono estinte, un’altra comunità indigena scomparirà da questo pianeta per sempre, un’intera foresta sarà abbattuta e milioni di vite umane saranno costrette a sopportare le agonie di carestia, guerra, malattia, sete, perdita della loro terra, della loro comunità, del loro stile di vita. Le persone che si sono fatte avanti per dire che ciò che questa cultura sta facendo al pianeta è sbagliato, non sono abbastanza. Bene, eccoci gente: ciò che questa cultura sta facendo a noi stessi, quello che sta facendo al pianeta, è sbagliato. Dannatamente sbagliato. E prima sostituiremo questa economia, prima potremo dissolvere queste illusioni tossiche e le loro narrazioni formative. Solo allora potremo cominciare a vivere le vite libere che siamo nati per vivere, e vincere la battaglia.
(Derrick Jensen, estratti da “Non si può uccidere un pianeta e viverci sopra”, conversazione con Joseph Smecker pubblicata da “Effetto Cassandra / Truthout” e ripresa da “Megachip” il 2 febbraio 2013).
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