B. prometteva rivoluzione liberale, Stato di diritto, riforma della giustizia, efficientamento del paese, e ha mancato in tutto. Del resto, un paese pervaso storicamente da mentalità non liberali (marxismo, fascismo, cattolicesimo), come poteva divenire liberale? Vediamo che, invece, la partecipazione politica tende a scadere in forme di irrazionalità più rozze, cioè dall’ideologismo al tribalismo incentrato su capi carismatici e affiliazioni identitarie. Un paese storicamente assuefatto a che la legge sia usata dal potere, anche giudiziario, secondo la convenienza di chi ha il potere, ed elusa quando possibile da chi non lo ha, come potrebbe divenire legalitario in virtù di qualche riforma? Un paese storicamente abituato a un potere che si compera il consenso col clientelismo nella spesa pubblica e nel pubblico impiego, come potrebbe divenire efficiente in qualche anno e per azione di forze interne ad esso?
La storia, il passato, i costumi consolidati, le formae mentis tradizionali, sono tutte cose molto reali e molto solide. Ma anche le altre forze politiche e le altre ideologie hanno avuto influenza nulla sulla rotta del paese descritta sopra. Una rotta tracciata altrove, fuori d’Italia, a porte chiuse, nei circoli come il Bilderberg, da dove vengono gli ultimi premier. La sinistra prometteva più sicurezza sociale, più lavoro, più equità nei redditi, più servizi pubblici, e abbiamo avuto esattamente il contrario. Bossi prometteva l’indipendenza della Padania o perlomeno il federalismo, nonché controllo dell’immigrazione, e abbiamo avuto più centralismo, romano ed europeo, e più immigrazione selvaggia. Il professor Monti prometteva il salvataggio dell’economia mediante le sue grandi capacità tecniche: si è rivelato un tecnico dell’autoaffondamento, precipitando il paese nell’avvitamento fiscale e nel pessimismo più distruttivo. Letta, con la sua enorme maggioranza parlamentare, doveva fare grandi cose a tambur battente, sempre per salvare il paese, e semplicemente rinvia le decisioni e sta ad aspettare mentre il paese brucia.
L’europeismo e l’euro promettevano solidarietà, stabilità, risanamento, crescita, convergenza economica e unificazione politica, e hanno dato il contrario: avvitamento recessivo, sovraindebitamento, miseria, sopraffazione tedesca, divergenza delle economie, contrapposizione di interessi. Mercatismo, globalizzazione, liberalizzazione e privatizzazione promettevano sviluppo economico, equità, razionale distribuzione delle risorse e dei redditi, stabilità, e abbiamo avuto il contrario: instabilità, crisi strutturale, depressione, concentrazione dei redditi, delle tecnologie e dei poteri in mano a pochi monopolisti, disoccupazione, dilagare della povertà in tutto il mondo. Il partito dei magistrati prometteva di debellare la corruzione e la mafia, e ora abbiamo più corruzione e più mafia; la cessione dei gioielli nazionali e dei poteri politici al capitale finanziario straniero è stata nascosta col polverone mediatico-emozionale di Mani Pulite (“Di Pietro facci sognare”), e l’eliminazione col mezzo giudiziario dei partiti popolari diversi dal Pci e dai suoi succedanei metamorfici è servita non a fare pulizia, ma a togliere di mezzo le forze politiche radicate nella gente e che potevano opporsi alle logiche della finanza predatrice.
A quest’ultima neppure B. si è veramente opposto, anzi non l’ha nemmeno denunciata all’opinione pubblica, e ha votato tutti i provvedimenti normativi da essa voluti, limitandosi a cercare di inserirsi qua e là più per conquistare un ruolo personale che per cambiare un tracciato non negoziabile. La sua maggiore influenza è stata proprio quella di aiutare a nascondere quelle logiche e quelle strategie all’opinione pubblica, mentre venivano portate avanti, mentre veniva creato un sistema monetario europeo volutamente sbagliato e che avrebbe prodotto ciò che ora stiamo subendo, subdolamente. A nasconderle dietro una rappresentazione teatrale in cui la gente, compreso il ceto imprenditoriale, veniva coinvolta nella finzione che la realtà, che ciò che contava, fosse la lotta di B. liberale contro il comunismo e i magistrati comunisti, ovvero della democrazia e della legalità contro B. caimano e delinquente professionale.
Potevano andare diversamente, le cose, in Italia? Poteva una qualche forza nazionale cambiare il corso della storia di questo paese? Potevano riformarlo, risanarlo, rilanciarlo, ammodernarlo, queste forze politiche e giudiziarie? No, non ne avevano la possibilità, perché il potere effettivo su questo paese, gli strumenti di politicamacroeconomica dello Stato, erano stati ceduti precedentemente, cioè nel 1981-83 con la sapiente riforma monetaria Ciampi-Andreatta (privatizzazione della gestione della Banca d’Italia, rifinanziamento del debito pubblico affidato ai mercati speculativi, conseguente raddoppio del debito sul Pil in pochi anni, destabilizzazione finanziaria); e poi, irreversibilmente, con gli accordi sul panfilo Britannia nel 1992, Maastricht, l’euro. Da allora, il timone dell’Italia non è più in Italia, il comandante vero sta all’estero, e dall’estero ultimamente decide anche i governi italiani.
Ogni promessa di cambiare il paese, fatta da partiti nazionali, è pura millanteria, regolarmente smentita dai fatti. L’alternanza al potere sposta al più, da una parta all’altra, le opportunità di affari con lo Stato e il carico fiscale. Cioè ha influenza solo sulla spartizione. Ai fini propriamente politici, votare è ininfluente. Adesso tocca a Grillo e alle sue, di promesse. Grillo le canta sull’ultima spiaggia, al tramonto di questo paese, ormai privato dei caratteri della statehood (Eigenstaatlichkeit), e ridotto a un governatorato. Cambiare l’Italia, semplicemente, non glielo permetteranno, i fratelli maggiori europei. Per farlo, dovrebbe rompere e scontrarsi con una struttura internazionale da cui l’Italia è dipendente per materie prime ed esportazioni. Senza contare che l’Italia è un paese occupato militarmente dagli Usa con decine di loro basi militari sul territorio. Ecco, gli Usa, solo gli Usa, con l’appoggio intra-europeo di Londra, potrebbero, se volessero, se fosse loro interesse, mettere Grillo in condizioni di farlo, ammesso che riesca ad adunare adeguate forze popolari, magari alleandosi ad altri movimenti “antisistema”. Ok, allora immaginiamo che domani (?) si cambi il paese. Ma qual è il modello da applicare? Come farlo funzionare? Questo non lo sanno nemmeno a Washington, temo.
(Marco Della Luna, “Da Berlusconi a Grillo, storia delle promesse”, dal blog di Della Luna del 4 agosto 2013).
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