Dimentichiamo l’“austerità” e tutto il teatrino politico; per riuscire a capire veramente la zona euro, l’unico modo è cercare di comprendere come funziona il modello neocoloniale della finanziarizzazione, perché questo è il motore della zona euro. Nel vecchio modello del colonialismo, la potenza colonizzatrice conquistava o cooptava le élite dipotere della regione conquistata e cominciava a sfruttare le risorse e la manodopera della nuova colonia, per arricchire il “centro” dell’impero. Nel neocolonialismo, le forze della finanziarizzazione (debito e leva finanziaria controllati dai cartelli bancari che appoggiano lo Stato) sono utilizzati per obbligare le élite locali e il popolo a stipulare contratti con le banche: le “colonie periferiche” prendono in prestito soldi per comprare i prodotti finiti, venduti dal “core/centro dell’impero”, arricchendo così il centro in due modi: guadagnado con gli interessi che maturano sul debito e facendo una “scrematura” dei beni patrimoniali di maggior valore finanziario, ad esempio quello immobiliare; guadagnando con la vendita dei beni comprati dai debitori.
In sostanza, le nazioni del “core” dell’Ue hanno colonizzato le nazioni della “periferia” per mezzo della finanziarizzazione dell’euro, che ha consentito una massiccia espansione del debito e dei consumi nelle periferie, dando modo alle banche e agli esportatori dei paesi “più ricchi” di ricavare enormi profitti dall’espansione del debito e dei consumi. Ora che lo schema di finanziarizzazione dell’euro è stato completato, si è brutalmente svelato lo stato feudale in cui è sprofondata la periferia: i beni e il reddito della periferia si spostano verso i “paesi del nucleo centrale dell’Europa e alle banche commerciali e centrali”, in pagamento degli interessi sui debiti privati e sui debiti sovrani. E’ il neofeudalesimo perfetto. Le nazioni periferiche della Ue sono effettivamente debitori neocoloniali delle banche dei “paesi più forti”, e i contribuenti delle nazioni più forti sono ora servi feudali, il cui lavoro ora consiste nell’incassare gli interessi dei prestiti bancari fatti ai paesi della periferia, che ne hanno bisogno.
Per comprendere appieno il modello della finanziarizzazione neocoloniale, bisogna stabilire qualche parametro basico del sistema euro. Cominciamo con la zona euro e con l’euro. L’Unione Europea ha stabilito una moneta unica e una zona commerciale unica per facilitare il sistema capitalista classico, in modo da produrre una riduzione del costo di gestione degli affari tra i paesi membri e consentire un flusso più libero di capitale e lavoro. Dal punto di vista capitalista neoliberista, questa unione ha consolidato il potere in mano agli Stati più forti della Ue, che hanno creato grandi cartelli supernazionali con l’approvazione degli stessi Stati ed un sistema quasi-monopolistico che permette un accesso più facile a nuovi mercati. Dal punto di vista dei cittadini, c’è stato il vantaggio di abbattere le barriere all’occupazione e poter lavorare liberamente in qualsiasi paese della zona euro; da questo punto di vista, quindi, la formula è stata “win-win” per tutti, con l’unico inconveniente della perdita, puramente sentimentale, delle monete nazionali.
Ma c’era un difetto nella struttura che è ormai diventato dolorosamente evidente. La potenza consolidata dell’Unione è sulla valuta comune (euro) e sul commercio, ma non sui conti commerciali degli stessi Stati membri (cioè sull’equilibrio/squilibrio degli scambi commerciali e del bilancio statale). Mentre ci si è rifatto il trucco, mettendo un blocco ai deficit obbligando tutti alle spending-review, nel mondo reale non c’è stato nessun controllo significativo sulla creazione di ulteriore, nuovo credito privato o statale, e nemmeno sull’indebitamento o sulla spesa dei singoli paesi. Così, l’economiaeuropea si è sviluppata grazie ai vantaggi assicurati dalla libera circolazione (capitalismo classico) del capitale e del lavoro, ma si é dovuta anche far carico dell’espansione eccessiva del credito, accordato da una struttura capitalista neoliberista (senza controlli) dell’Unione.
L’alleanza degli Stati più forti e il loro desiderio intrinseco di gestire centralmente l’economia per favorire i feudi e le élite del classico capitalismo del libero mercato ha sempre incontrato ostacoli. In apparenza la Ue avrebbe dovuto far quadrare il cerchio, consentendo stabilità, creazione di un credito abbondante e un accesso più facile per tutti a nuovi mercati. Ma sotto questa apparenza felice si annidavano troppe opportunità di sfruttamento e di arbitrio, a cui era impossibile resistere. In effetti, i paesi importatori all’interno dell’Unione sono stati classificati dal punto di vista creditizio solidi e con gli stessi limiti di espansione accreditati anche ai loro cugini esportatori, Germania e Francia. Nel mondo reale, è come se fosse stata data una carta di credito illimitata e a basso tasso di interesse in mano ad un fratello prodigo e incline alla bella vita, usando come garanzia il conto di un altro fratello sobrio, ricco di liquidità e di credito ma che non lo ama affatto. Inutile dire che alle banche conviene molto più dare prestiti a chi può dare maggiori garanzie.
I crediti a tassi di interesse molto bassi vengono considerati, in sostanza, “denaro gratis”. Chi riceve soldi gratis presto diventa dipendente da questo abbondante flusso di credito che serve a pagare tutte le sue spese, che magicamente aumentano insieme alla possibilità di prendere in prestito altro denaro gratis. Così, quando l’accesso al denaro gratis improvvisamente si interrompe, si cominciano ad avvertire gli stessi dolorosi sintomi di astinenza di chi smette di drogarsi all’improvviso. Ancora peggio – se possibile – quando questo denaro gratis viene dirottato verso cattivi investimenti (che fiscalmente sembrano avere le stesse caratteristiche di investimenti sani) che vengono immediatamente messi all’angolo dalle aziende dei cartelli super-statali e, in questo modo, favoriscono la formazione dei “quasi-monopoli”. I cattivi investimenti sono nascostiti dietro le bolle speculative che inevitabilmente si creano quando ci sono massicce quantità di denaro preso in prestito gratis e quando tutti cercano di specularci sopra.
La garanzia implicita dell’Ue per ridurre le perdite delle grandi banche statali, dopo averle solo sanzionate, è il chiaro esempio del modello di finanziarizzazione-neocoloniale. In effetti, le grandi banche dell’Eurozona “colonizzano” Stati membri come l’Irlanda, e li obbligano a seguire progetti tipo quello per il rientro dal debito, che è lo stesso progetto che si è imposto nei paesi in via di sviluppo per svariati decenni. Questo è un colonialismo basato sulla finanziarizzazione delle economie più piccole, a tutto vantaggio delle grandi banche dei “paesi più forti dell’Ue” e dei loro soci, i governi degli stessi Stati che vedono aumentare enormemente le loro entrate fiscaliche arrivano dalle attività creditizie che nascono con l’espansione delle bolle.
Come nel caso di quello che potremmo chiamare il modello neoliberista coloniale (Ncm) , messo in pratica nei paesi in via di sviluppo: economie povere di credito improvvisamente si vedono offrire crediti illimitati a tassi di interesse molto bassi o addirittura negativi. Si tratta di “un’offerta che non si può rifiutare”. Segue l’esplosione del credito privato, che alimenta quello che sembra essere un “circolo virtuoso” di consumo dilagante ed un rapido aumento del valore patrimoniale, delle azioni, dei terreni e delle abitazioni. E’ essenziale, per alimentare il fascino di questo modello colonialista, che l’accesso al credito abbia una base molto ampia: che chiunque improvvisamente si possa permettere di speculare su abitazioni, azioni, materie prime, ecc, e vivere uno stile di vita basato sul consumo che, una volta, era appannaggio esclusivo della classe più ricca e della élite (che nei paesi in via di sviluppo, spesso sono le stesse persone) del paese. Nel modello colonialista del 19° secolo, i materiali di consumo più redditizi in assoluto erano messi in commercio dai cartelli globali ed erano zucchero (rum), tè, caffè e tabacco, e tutto era complementare: per il tè serve lo zucchero, e così via (vedi il libro di Sidney Mintz, “Sweetness and Power: The Place of Sugar in Modern History”). Nel modello di finanziarizzazione-neocoloniale, ciò che crea dipendenza è il credito, che favorisce la febbre speculativa e consumistica.
Nell’Unione Europea, le opportunità di sfruttare i mercati conquistati erano anche migliori di quelle che si trovavano all’estero, per il semplice motivo che l’Ue stessa era pronta a garantire che non ci sarebbero stati espropri caotici di capitale da parte delle autorità locali, come in quei paesi che decisero di liberarsi dalle catene della colonizzazione del capitale europeo. Il “too big to fail” delle banche dell’Eurozona ha creato una seconda garanzia implicita dell’Ue per fare meglio le cose: non solo avrebbero speculato fino all’ultimo sulle case private e i titoli azionari fatti lievitare dalla bolla, ma avrebbero potuto anche dare in prestito somme illimitate agli Stati sovrani più deboli o ai loro prestanome. Ciò ha portato a un eccesso di consumo nei paesi importatori e profitti impressionanti per le banche “T.b.t.f” della zona euro. E nel frattempo, i cittadini (sic!) vivevano in un paradiso consumistico dove si poteva spendere oggi e pagare i debiti domani.
Domani è arrivato, ma i fondamentali del capitale – beni immobiliari e budget azzoppati dalla bolla finanziaria – si sono corrosi fino al punto dell’insolvenza generale. Di fronte a tassi di interesse in salita, spinti dal maggior rischio, i cittadini degli Stati colonizzati si ribellano contro la perdita del loro stile di vita credito-dipendente e contro il costo in rapido aumento degli interessi da pagare sul debito, come chiedono le banche “T.b.t.f.” dell’Eurozona. Ora le perdite causate da questi eccessi di sfruttamento dilagante e di colonizzazione fatta dalle forze di finanziarizzazione sono state smascherate, e la Ue ha fatto alzare una ventata di parvenza-di-riforme, nessuna delle quali veramente utile per incidere sulle cause profonde di questo arbitrìo, sfruttamento e finanziarizzazione.
Inteso in questo modo, è chiaro che non c’è nessuna reale differenza tra le politiche monetarie della Banca Centrale Europea e la Federal Reserve: ognuna cerca di mantenere e proteggere le banche “troppo grandi per fallire”, che sono parte integrante per l’equilibrio del Cartello-degli-Stati-Neoliberisti. Entrambe le banche centrali stanno tentando di correggere un accordo tra capitale privato e capitale statale intrinsecamente instabile – per cui i profitti sono privati, ma le perdite sono pubbliche – addebitando tutti i costi del debito e degli interessi inesigibili sulle spalle dei contribuenti dei paesi più ricchi della Ue (quelli che adesso ci guadagnano). Tutti i proventi dalla speculazione sull’euro e tutto lo sfruttamento neocoloniale sono stati dei privati, ma i costi saranno a carico dei cittadini-contribuenti, sia dei paesi più ricchi che dei paesi più poveri della periferia. Le élite del potere stanno cercando di mettere i servi della periferia più povera contro i servi del centro più ricco, e questo è necessario per fare in modo che tutti e due i gruppi di servi si rendano conto che tutti hanno firmato il loro patto con il diavolo: un contratto patologico di collaborazione finanziaria che lega le élite (il potere di sempre) con lo Stato.
(Charles Hugh Smith, “Il neo-feudalesimo, ovvero il modello neo-coloniale europeo”
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