Non possiamo permetterci il pane, ma una Lamborghini sì!?
Pubblicato 25 settembre 2013 - 20.48 - Da Claudio Messora
Quando si parla di crisi, si dà per scontato che sia una condizione generale e trasversale. Ma la crisi non è equa: se alcune aree si impoveriscono, ce ne sono altre che si arricchiscono. In particolare negli ultimi vent’anni, mentre ci appendevano a testa in già per cavare dalle tasche gli ultimi spiccioli rimasti, c’era un ben nutrito 1% della popolazione mondiale che incrementava le sue ricchezze del 60%. Negli Stati Uniti la percentuale di ricchezza nazionale raccolta da quel famigerato 1% è passata dal 10% del 1980 al 20% di adesso. E per un ristretto 0,01% si è addirittura quadruplicata. Significa che su diecimila persone, cento percepiscono un quinto di tutto quello che viene prodotto, e ce n’è una che se ne prende quasi la metà!
Se si allarga lo sguardo al mondo nel suo complesso, la situazione non cambia. Seicentomila persone, in particolare quelle 60mila tra le quali si trovano i circa 1200 miliardari, negli ultimi 30 anni hanno visto crescere le proprie disponibilità a ritmi da capogiro. Nel Regno Unito la diseguaglianza sociale sta ritornando a livelli che non si vedevano dai tempi di Charles Dickens. In Cina 10 persone su 100 si portano a casa ben il 60% della ricchezza complessiva e le cose non migliorano neppure tra i paesi più poveri. A livello globale, i guadagni dell’1% della popolazione sono cresciuti del 60% negli ultimi 20 anni, e quelli dello 0,01% anche di più. Tanto che l’unico settore che non conosce crisi è quello del lusso, che ha registrato una crescita a doppia cifra per ogni anno dall’inizio della crisi ad oggi. Buffo no? Significa che una intera specie, quella umana, non può permettersi il pane, ma una Lamborghini sì. Eppure, se si confiscassero le ricchezze accumulate durante la crisi a quell’1% di pingui cittadini, la povertà del mondo potrebbe venire sconfitta non una, ma ben quattro volte! Ma si sa:austerity must go on!
Parlare di crisi, in senso generale, è dunque scorretto. Dovremmo parlare di razzia, di sciacallaggio, di scorribande predatorie, di predoni. Dovremmo parlare di un intero Olimpo, con tutti i suoi dei, che si gode ogni gioia terrena privandone sconfinate miniere di lavoratori. I quali percorrono tutta la parabola della loro esistenza miti, sottomessi, perlopiù ignari, incapaci di darsi un’organizzazione e chiari obiettivi, inabili a perseguire uno scopo comune senza disperdersi in sterili contrapposizioni interne, mentre c’è chi se la gode dalla sua terrazza vista mare. Si chiama “divide et impera” e funziona bene da migliaia di anni.
Ogni tanto, però, le cose cambiano. Lo fanno all’improvviso. Come l’inversione dei poli. E’ una legge di natura, un’evidenza della fisica: l’energia si accumula ma poi, un giorno, scarica a terra. Chi c’è c’è! Socialmente, le tensioni crescono fino a quando non sono più tollerabili. Fisicamente tollerabili. Perché diseguaglianze così radicali sono economicamente inefficienti, politicamente disastrose, socialmente divisive, ambientalmente distruttive ma soprattutto fortemente ingiuste. E quando il tappo salta, il principio dei vasi comunicanti non lascia scampo. Non è questione di se, ma di quando.
Ci sono alternative a questo tragico quanto storicamente prevedibile decorso? Ci sono. C’è sempre una via d’uscita. Ma si può costringere il tacchino a prenotarsi per il pranzo del 4 di luglio? Secondo Oxfam, una confederazione internazionale di 90 organizzazioni che combattono l’ingiustizia e la povertà (autrice del report da cui sono tratti questi dati) ci sono alternative all’austerità. Bisognerebbe investire nelle persone e nella crescita economica, investire in servizi pubblici, rafforzare la democrazia istituzionale, assicurare un equo sistema fiscale. Una tassa sulle transazioni finanziarie per esempio, anche solo dello 0,05%, raccoglierebbe 300 miliardi su scala globale in un anno, e in soli 8 giorni si metterebbero via abbastanza soldi per assicurare un’educazione scolastica a 72 milioni di bambini che oggi non possono studiare.
Viceversa, se le cavallette continueranno a rubare tutto il raccolto alle formiche, una stagione di grandi turbolenze sociali è inevitabile. La Grecia, che per prima ha subito tutte le insensate forzature della religione dell’austerity ed è quindi un laboratorio esemplare dove è possibile leggere il futuro, vede un partito di ispirazione nazista raccogliere un consenso a doppia cifra. Ed è notizia di oggi, pare, che Alba Dorata sia pronta al colpo di Stato.
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