Tagli alla spesa, austerity, disoccupazione: per l’Italia si spalancano le porte della tragedia. Alla fine del 2013 gli italiani che non hanno un lavoro potrebbero arrivare a 3 milioni e mezzo: 400.000 in più dei 3 milioni e centomila di oggi. Nel frattempo, a giugno, il numero degli occupati, circa 22 milioni e mezzo, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo. Lo riferisce il centro studi della Cna: «La crisi dell’occupazione si sta aggravando: senza una decisa e tangibile inversione di tendenza che faccia ripartire effettivamente lo sviluppo, la situazione sociale del nostro paese può diventare critica». L’analisi della Cna fa riferimento soprattutto ai 548 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate nei primi sei mesi del 2013. A peggiorare il quadro, sempre nel primo semestre dell’anno, le pessime condizioni generali del mercato del lavoro. Rispetto allo stesso periodo del 2012 l’occupazione si è ridotta di 407.000 unità, che equivalgono all’1,8% in meno. Nel frattempo, il numero dei disoccupati è salito del 16,4%.
Alla fine dello scorso giugno il numero degli occupati – 22,5 milioni circa – ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo, mentre il tasso di disoccupazione ha toccato il livello record del 12,1%, con oltre tre milioni di senza lavoro. «Numeri da brivido» per le donne, con il 12,9% di disoccupate, e per i giovani, tra i quali la media dei senza lavoro tocca addirittura il 39,1%. «Una crisi della quale forse non abbiamo ancora toccato il fondo», dice la Cna. Uno scenario catastrofico, aggravato dalla totale impotenza del governo, imbrigliato dal regime dell’Eurozona che vieta il ricorso-salvezza all’espansione della spesa pubblica per sostenere l’economia. Nei primi sei mesi del 2013, il numero di ore autorizzate di cassa integrazione è stato di circa 548 milioni, segnando un incremento consistente, quasi il 4,6%, rispetto al 2012, toccando il livello più alto a partire dal 2009. «Un dato particolarmente preoccupante per la tenuta del mercato dellavoro», sottolinea l’associazione: «Se queste ore fossero interamente utilizzate si tradurrebbero nella perdita di circa 322.000 posti di lavoro».
Le costruzioni e l’industria continuano a essere i settori maggiormente affetti dalla crisi. Le ore di cassa integrazione autorizzate nelle costruzioni sono aumentate di 7,8 milioni, pari al 13,7% in più, mentre quelle nell’industria sono cresciute di 22,3 milioni, il 6,4% in più. Negli ultimi cinque anni, scrive “La Stampa”, i due settori hanno perso un numero equivalente di addetti, rispettivamente 370.000 e 362.000 unità. Ma ben diverso è stato l’impatto sulla base occupazionale: nel caso dell’industria si è ridotta del 7,5%, e nelle costruzioni del 18,7%. Se le ore di cassa integrazione autorizzate nel primo semestre del 2013 dovessero essere utilizzate per trattamenti salariali a zero ore, i posti di lavoro persi nei due comparti dall’inizio della crisi salirebbero a 400.000 nelle costruzioni (-21%) e a 594.000 nell’industria (-10%). L’acutizzarsi della crisi in questi due comparti si riflette pesantemente nell’artigianato, su cui incombe una perdita potenziale di altri 28.000 posti di lavoro.
Le costruzioni e l’industria continuano a essere i settori maggiormente affetti dalla crisi. Le ore di cassa integrazione autorizzate nelle costruzioni sono aumentate di 7,8 milioni, pari al 13,7% in più, mentre quelle nell’industria sono cresciute di 22,3 milioni, il 6,4% in più. Negli ultimi cinque anni, scrive “La Stampa”, i due settori hanno perso un numero equivalente di addetti, rispettivamente 370.000 e 362.000 unità. Ma ben diverso è stato l’impatto sulla base occupazionale: nel caso dell’industria si è ridotta del 7,5%, e nelle costruzioni del 18,7%. Se le ore di cassa integrazione autorizzate nel primo semestre del 2013 dovessero essere utilizzate per trattamenti salariali a zero ore, i posti di lavoro persi nei due comparti dall’inizio della crisi salirebbero a 400.000 nelle costruzioni (-21%) e a 594.000 nell’industria (-10%). L’acutizzarsi della crisi in questi due comparti si riflette pesantemente nell’artigianato, su cui incombe una perdita potenziale di altri 28.000 posti di lavoro.
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