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venerdì 3 maggio 2013


2052: Ultima chiamata



duemilacinquantaduedi C. Wolff Pierluigi Fagan Blog.
Jørgen Randers, norvegese, è uno degli studiosi che curò per il M.I.T e per il Club of Rome, il rapporto: I Limiti dello sviluppo, nell’ormai lontano 1972. A quarant’anni da allora, Randers fa una previsione per i prossimi quarant’anni, arrivando così a quel 2052 che dà il titolo al libro. Riveliamo subito il finale: il mondo non collasserà entro quella data, ma se entro quella data non si farà nulla di sostanziale per invertire talune dinamiche, dovrebbe/potrebbe collassare nella seconda metà del secolo.
Randers compie la sua impresa di preveggenza, poggiandosi su una notevole mole di dati, modelli di calcolo basati sull’analisi dinamica dei sistemi e sull’apporto di ben 34 specifici punti di vista di altrettanti studiosi specializzati nei diversi aspetti dello scenario globale: clima, energie, economia, questioni geopolitiche  e militari, equità intergenerazionale etc. Meno in breve del sintetico finale, queste le linee delle principali previsioni di scenario:
  • La principale novità ed è una novità senz’altro positiva è il ridimensionamento delle stime demografiche. Oggi siamo circa 7 miliardi e supereremo di poco gli 8 nel 2040 per poi declinare progressivamente. Va detto che altri studi arrivano a 9.0 –  9.5, altri superano di poco i 10 e che a questi livelli 1 o 2 miliardi in più cambiano sensibilmente il quadro. Questo contenimento sarà dovuto alla progressiva inurbazione della grande parte della popolazione, fatto che dovrebbe produrre un crollo nella fertilità.
  • Per altro, la progressiva inurbazione, sarà alimentata anche dal crescere delle intemperie climatiche che si faranno più vistose negli effetti, negli spazi aperti e non protetti.
  • Bassa crescita demografica e della produttività rallenteranno il PIL globale.
  • Alcuni fattori tenderanno a disordinare il corso economico: nei paesi avanzati il sempre maggior peso delle economie dei servizi farà sì che il basso aumento della produttività che in genere si registra in questi ultimi si rifletterà nel rallentamento del PIL. Molta spesa che sarà spesa pubblica, servirà per correggere sia i guasti determinati dal deterioramento dei climi, sia per correggere le ineguaglianze, sia come costo sempre maggiore per la cura degli anziani. Confitti sociali ed intergenerazionali (non si citano quelli dei flussi migratori che saranno senz’altro presenti), disordineranno ulteriormente il quadro.
  • Queste linee generali valide come medio andamento per tutto il pianeta, saranno più critiche per i paesi sovrasviluppati, soprattutto gli USA per Randers, ma anche i paesi OCSE-OECD senza gli USA ovvero Europa + Giappone/Corea del Sud + Canada/NewZel/Australia + Israele e Cile ovvero l’Occidente.
  • Viceversa ci saranno condizioni meno strette e più sviluppiste per Cina e BRISE (i BRICS senza la Cina ma con in più altri 10 paesi emergenti).
  • Già previsti ed ormai irreversibili i minimo + 2° di temperatura che tra le altre cose (desertificazione, dislocazione climi, precipitazioni intense, acidificazione delle acque etc.) porteranno ad un innalzamento dei mari di più di 30 cm. Già oggi la nostra impronta ecologica segna un esubero di consumo delle biocapacità del + 40% (il “famoso” 1,4 pianeti necessari della nostra attuale impronta ecologica). Tali disequilibrio non si reggerà a lungo.
jorgen-randersSi arriverà quindi a scadenza con qualche generale e diffuso problema ecologico-ambientale, con un Occidente stagnante se non in contrazione, con un “secondo mondo” in rapida e generalizzata crescita e con un perdurante gruppo di ultimi (circa 2 miliardi) confinati soprattutto in Africa. L’Occidente stagnante (uno dei 34 scenaristi del volume è quel H. Daly che ha promosso l’economia dello stato stazionario basata sul riciclo e riuso) avrà in più qualche problema di solidarietà intergenerazionale e qualche altro in termini di equilibrio sociale. In Europa si allargherà la frattura tra paesi nordici beneficiati tra l’altro dall’affermazione di temperature più miti e i paesi mediterranei che tenderanno a nord-africanizzarsi.
Ma il vero problema sarà cosa nel frattempo si sarà fatto per invertire il corso del fenomeno centrale di questo insieme di previsioni: l’aumento delle temperature. In assenza di forti e decisi correttivi infatti, la seconda parte del secolo, potrebbe vedere il manifestarsi del peggiore tra gli incubi immaginabili: fenomeni di disordine climatico-ambientale autoalimentati. Questi sono treni di effetti di feedback positivo (non tragga in inganno il termine “positivo” che è tutt’altro che beneaugurante) che s’incrociano e rinforzano vicendevolmente. A quel punto c’è solo da far sfogare i fenomeni ed alla fine contare i sopravvissuti che saranno assai pochi.
Randers non è particolarmente pessimista, almeno non “a breve”. Il contenimento demografico retroagirà  sgonfiando progressivamente la pressione delle macchine economiche sulle risorse e sulle energie che tra l’altro beneficiano delle scoperte dei nuovi giacimenti di gas e soprattutto di quei gas di scisti che sembrano esser sempre più convenienti, al netto del possibile disastro ambientale che le perforazioni possono provocare. Questo darà più tempo e quel tempo potrebbe esser utile per aumentare gli investimenti sulle rinnovabili ed operare una sorta di progressiva dissolvenza incrociata che dissolva il mondo non rinnovabile e faccia assolvere le nuove energie e i nuovi modi di produrre. Ma il perseguimento di queste possibilità potrebbe esser parzialmente impedito da due istituzioni che hanno un particolare rapporto col tempo: il capitalismo e la democrazia.
Per Randers, sistema economico capitalista e democrazia sono due sistemi tarati sulla performance a breve termine. Su questa argomentazione dell’inefficienza della democrazia occorrerà ritornarci perché la sentiremo pronunciare sempre più spesso, anche da voci insospettabili. L’ammirazione per il dispotismo illuminato si sta facendo largo e sempre più se ne farà al crescere dei problemi economici, sociali, ambientali, geopolitici. Se dunque capitalismo e democrazia si riproducono nel breve, la natura del problema nel quale ci troviamo è invece tarata su cicli medio lunghi di causa-effetto, sia nella fenomenologia dei problemi, sia per quella che auspicabilmente andrebbe creata per affrontarli. In breve, quando la percezione dei problemi sarà evidente, vasta, intensa, non negabile o mistificabile, sarà tardi.
Rimedi? Le ultime parole che Randers ci dona nel conclusivo capitoletto dal titolo – Imparate a convivere con imminenti disastri senza perdere la speranza -, sono: sperate nell’improbabile! lavorate per l’improbabile! Ovvero: l’ottimismo della volontà benché senza speranza, wow!.  

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