Francia in crisi
Ora che anche la Germania rischia quasi di entrare in recessione, visto che sono state riviste al ribasso le stime di crescita per l’anno in corso (dovrebbe attestarsi a non oltre l’1%, dopo il 3% dell’anno scorso) appare riaprirsi l’asse franco-tedesco come non si vedeva dai tempi di Sarkozy.
Beninteso, anche all’epoca tale asse era molto più teorico che reale, visto che era soprattutto la Francia, in procinto di scoprire i grossi problemi interni in merito allo stato di salute niente affatto buono dei propri istituti di credito, a voler far sembrare l’accordo con la Merkel una realtà irreversibile. Ma si trattava di un bluff. I lettori ricorderanno come ai tempi di Sarkozy, nella parte finale del suo mandato, le cose per gli altri Paesi dell’Eurozona stessero andando molto male, mentre la Germania galoppava: in quei mesi la Francia tentò di tutto per non apparire più vicina ai piigs, come in realtà era, e dare l’impressione di essere di fatto collegata alla locomotiva d’Europa. Poi ci pensarono i conti delle Banche, come detto, e i vari declassamenti dei rating a rimettere le cose a posto. Di quell’asse si persero insomma le tracce.
Oggi che anche la crisi della Francia è conclamata, tra recessione e disoccupazione, tanto da aver imposto al Presidente di chiedere all’Europa un allungamento dei tempi per centrare i parametri economici, e soprattutto ora che anche la Germania scopre le sue vulnerabilità, questo avvicinamento accenna a ripetersi.
Se la Merkel ha fatto qualche tiepida apertura all’allentamento dell’austerity, Hollande sta invece implorando un intervento immediato. È costretto a farlo, e molto più della Merkel stessa, ovviamente. E il risultato che si ottiene, mediaticamente, è appunto quello di far apparire i due Paesi nuovamente vicini.
Nel corso della conferenza stampa di ieri all’Eliseo il Presidente francese non ha usato mezzi termini: «Ciò che colpisce attualmente l’Europa è la recessione dovuta alle politiche di austerità». Che va pertanto rivista.
Sin qui, nulla di nuovo e di inaudito. Ma poi i toni sono diventati quasi visionari: «da un anno i dati sono cambiati. La zona euro è stata stabilizzata, sono stati introdotti strumenti di solidarietà, è stata definita l’Unione bancaria, c’è una nuova dottrina della BCE e la Grecia che a un certo punto si pensava minacciata di uscire dall’Ue, è stata salvata, come altri paesi».
La realtà è molto differente: i dati sono tutti in ribasso, la zona Euro è tutto fuorché stabilizzata, gli strumenti di solidarietà sono al lumicino e quelli interni di ogni singolo Paese sono in fase di smantellamento, sull’Unione bancaria ci sono serissimi dubbi avanzati proprio dalla Merkel, gli interventi della BCE promettono enormi incognite e sulla Grecia lasciamo l’interpretazione al lettore.
Insomma, il secondo anno di presidenza di Hollande, apertosi ieri proprio con la conferenza di cui stiamo riferendo, si apre all’insegna di problematiche enormi che, lungi dall’essere affrontate sul serio, vengono anzi nascoste con dei giochi di prestigio verbali. Peraltro, come si vede, di facilissimo smascheramento.
La ricetta di Hollande, che si conferma europeista convinto proprio mentre i francesi stanno facendo di tutto per arrivare a un referendum sulla permanenza in questa Europa delle Banche, va avanti con parole che sembrano essere state riprese dai tempi dell’introduzione dell’Euro: «Comincia oggi il mio secondo anno di presidenza che sarà di offensiva. La Francia è disposta a dare un contenuto all’unione politica» della Ue dopo la proposta avanzata lo scorso anno dalla Germania di Angela Merkel. Bisogna «instaurare con i Paesi della zona euro un governo economico che si riunisce tutti i mesi intorno a un unico presidente».
I tre punti sui quali rilanciare l’Europa, secondo il Presidente francese, sono inoltre i seguenti: «Bisogna mobilitare subito il bilancio Ue per l’inserimento dei giovani; definire una strategia di investimento comune per il mondo dell’industria, tra cui una comunità europea per l’energia, che si concentri soprattutto sulle rinnovabili; infine, una nuova tappa di integrazione, con capacità di bilancio. Se l’Europa non avanza, cade, anzi, si cancella dalla carta del mondo e dall’immaginario dei popoli».
Si è tentati di liquidare tali dichiarazioni come le ennesime prove, a questo punto a livello europeo e non solo italiano, di totale scollamento dalla realtà da parte della classe dirigente. Ma il punto più importante è un altro. E cioè, purtroppo, verificare che ancora una volta, e dunque praticamente in ogni Paese, a livello istituzionale non vi sia la benché minima capacità – o volontà – di riuscire a comprendere il reale stato delle cose. Il che, per chi si trova a doverle affrontare governandole, equivale a non capire chi è il nemico. Figuriamoci a provare ad affrontarlo. Con tutte le conseguenze, ovviamente, per i “governati”, cioè i cittadini.
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