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mercoledì 4 settembre 2013

Ue, oligarchia e mercato: così Bruxelles ci sta stritolando

Entrato in vigore il 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona è stato messo in mora, anzi di fatto sostituito con un sistema di governance messo a punto da una serie di direttive, concordate anche con il Parlamento Europeo, la prima delle quali emanata dall’Ecofin il 7 settembre 2010 dando inizio al Semestre Europeo. La nuova governance, nata per fronteggiare la crisi economico-finanziaria, si è strutturata con accordi intergovernativi: il Patto Fiscale e il trattato Esm. Fino al 2009 si poteva parlare di deficit democratico, ora si deve parlare di deriva oligarchica dell’Ue. Per controllare ex ante ed ex post le politiche di bilancio è stato successivamente emanato un gruppo di direttive: il Six Pack e il Two Pack. Con questa serie di misure si sono concentrati i poteri nel Consiglio Europeo, nella Bce e nelle due nuove istanze istituzionali, quelle dell’Euro Summit e del suo presidente, che attualmente coincide con quello del Consiglio europeo, Van Rompuy: sono questi i “giudici di ultima istanza” che dettano le misure di bilancio e di politica economica, mentre la Bce regna sulla moneta.
Se si pensa che le rivoluzioni borghesi miravano a conseguire il controllo della “borsa”, cioè del bilancio pubblico – si coniò lo slogan “no taxation Herman Van Rompuywithout representation” – si può ben capire la portata storica della concentrazione delle politiche della spesa e delle entrate nelle mani della tecnocrazia dell’Ue. Dal gennaio 2011 il ciclo delle decisioni di bilancio è rigidamente scandito da un calendario europeo che prevede: a gennaio, la Commissione pubblica il “quadro della crescita annuale”, in cui stabilisce le priorità economiche; a marzo, il Consiglio Europeo, formato dai capi di Stato e di governo, definisce le linee-guida delle politiche nazionali; ad aprile, gli Stati membri sottopongono all’esame europeo i propri piani per le finanze pubbliche con il Programmi di Stabilità e Convergenza, e quelli per le riforme con il Piano di Riforma Nazionale; in giugno, la Commissione valuta questi documenti ed emana le sue Raccomandazioni, rafforzate dai giudizi dell’Ecofin e del Consiglio Europeo; in luglio, il Consiglio adotta le Raccomandazioni che vengono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue; in autunno, sulla base di queste Raccomandazioni, gli Stati membri varano le leggi di bilancio.
Con le decisioni assunte dal settembre 2010 e con il Patto Fiscale si sono modificate – attraverso leggi nazionali rinforzate o addirittura modifiche costituzionali (come in Italia con la novella dell’articolo 81) – le procedure decisionali delle politiche pubbliche, compiendo un altro passo verso la costruzione dell’Ue come un ordine giuridico del mercato al di là degli Stati nazionali. “Ordine giuridico”, perché senza istituzioni pubbliche e diritto dei contratti il mercato non può né esistere né funzionare; “del mercato”, perché esse sono organizzate con il fine specifico di creare il mercato unico europeo come regolatore dell’insieme della vita sociale. La libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali è da sempre lo scopo della costruzione europea, e ad essa sono state finalizzate tutte le scelte politico-istituzionali – dall’organizzazione delle istituzioni e delle loro procedure decisionali al diritto del lavoro. Oggi il sistema di governance serve a far funzionare il mercato unico europeo nell’era della globalizzazione Van Rompuy e Lettacapitalistica. Il mercato è il supremo ordinatore dell’Unione.
Passo dopo passo, secondo il vecchio metodo funzionalistico, si rendono sempre più penetranti i poteri della governance europea. Questa è esercitata, in un intreccio di organi e di competenze, dal Consiglio Europeo, dalla Commissione, dal Consiglio nelle sue diverse formazioni, dall’Eurogruppo, dal presidente del Vertice Euro in stretto rapporto con la Bce e con l’Esm. Tutto ciò è stato deciso dai governi e dalla tecnocrazia per rispondere ai mercati, il cui consenso si è sostituito a quello dei cittadini. Il Patto Fiscale è il più solido pilastro di questo sistema decisionale, sempre più isolato dai processi democratici e immunizzato da qualsiasi influenza delle rappresentanze parlamentari. Con il Patto Fiscale si aggiunge un altro muro nella costruzione di un “centro di governo”, come lo ha chiamato Carlo Azeglio Ciampi. Con il Patto Fiscale e l’Esm, il centro di governo ha trovato una sempre più compiuta espressione perché in esso confluiscono gli interventi di natura sia monetaria sia fiscale. Questo centro di governo si articola in strutture formate da governi e da organi “tecnici”, come la Bce: un’oligarchia esercita il potere economico-fiscale nell’Ue.
Finora, mercato capitalistico e Stato nazionale sono stati ben intrecciati, nati l’uno per e mediante l’altro; nell’epoca del mercato globale – qui è la novità – si affermano i grandi spazi economici sovranazionali, gestiti sì con gli strumenti del diritto – soft e hard law – ma costruiti e maneggiati da organismi sovranazionali. L’Ue è l’esperienza più avanzata nell’organizzazione di un grande spazio economico e gli Stati europei agiscono in funzione di questo obiettivo del mercato unico continentale. Lo Stato nazionale non è più la condizione necessaria per la costruzione, l’esistenza e lo sviluppo del mercato capitalistico. Oltre lo Stato c’è il mercato, e ancora una volta questo non è il prodotto spontaneo delle forze economiche, ma la consapevole costruzione a cui partecipano gli Stati, le élites finanziarie e imprenditoriali, la tecnocrazia. La gestione politica dei grandi spazi economici è affidata a centri decisionali sovranazionali che nascono senza legittimazione democratica e vivono senza consenso Ciampidemocratico, neppure quello elettorale.
Si può affermare che gli Stati nazionali con la costruzione europea operano un “trasferimento di sovranità” con l’effetto di sottrarsi ai controlli dei parlamenti nazionali e ai vincoli delle norme costituzionali, visto che, sia pure nelle “competenze attribuite ed enumerate”, il diritto europeo si applica direttamente e gode della prevalenza, mentre i giudici stessi sono chiamati ad applicarlo quand’anche in contrasto con il diritto nazionale. Che gli Stati nazionali siano i “signori dei Trattati” sta a significare che essi esercitano unpotere liberato dalla responsabilità e dai controlli democratici, e liberi di perseguire la costruzione dell’ordine giuridico di un mercato sovranazionale, così come stabilito nei trattati che hanno posto come obiettivo prima il mercato comune, a Roma nel 1957, poi il mercato unico, a Maastricht nel 1992, e ora una governance economico-finanziaria sovranazionale. Anche in questi anni di crisi le élites dirigenti hanno teso sempre alla salvaguardia del mercato unico, ridisegnando a questo fine l’alleanza tra mercati e governi tramite le politiche dell’Ue: non siamo più di fronte a un deficit di democrazia, siamo oltre la democrazia nel regno delle oligarchie tecnocratiche e di mercato.
(Franco Russo, “Unione europea, oligarchia e mercato”, da “Megachip” del 16 agosto 2013)

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