ROSSELLA GUADAGNINI
L’epiteto della vergogna, “Banditi di Stato”, è de “il Giornale” di mercoledì 10 luglio: sparato a tutta pagina, a firma del direttore Alessandro Sallusti. Un’altra data da ricordare in questa via crucis giudiziaria, non per l’imputato Silvio Berlusconi, avvolto a suo dire nel fumus persecutionis, ma per i giudici di ogni ordine e grado dello Stato. I quali, un giorno sì e l’altro pure, vengono attaccati e/o coperti di contumelie. Dopo l’invasione del tribunale di Milano e di Brescia, la manifestazione di Roma contro i magistrati in piazza del Popolo, tutto – si presume – in nome della pacificazione nazionale, ora che la pacificazione nazionale non c’è più, in quanto ufficialmente conclusa, la maschera è caduta. E quindi “dàgli all’untore!”, “dàgli alla toga!”.
Banditi, a chi? Stavolta è toccato alla Corte Suprema di Cassazione, il collegio che tecnicamente valuta la legittimità delle sentenze emesse dalla magistratura in Italia. Gli alti giudici si sono guadagnati sul campo l’insulto per via della data del processo Mediaset sui diritti tv, fissata per il 30 luglio, causa il rischio prescrizione. Troppo presto, tuonano gli avvocati della difesa. E allora apriti cielo. Oh, Arcore, vituperio delle genti! E se il sommo Poeta riposa in pace, anche gli ermellini in questa circostanza tacciono. “Come, non fate nulla, non prendete nessuna misura? E la diffamazione e il vilipendio delle istituzioni?” provo a interrogare uno di questi rari esemplari in via d’estinzione. “Occorre chiedere l’autorizzazione del ministro e al massimo la condanna è una multa”, risponde. Dunque noi cittadini non possiamo più nemmeno dire che “l’Italia è un Paese di m…” per non cadere nel vilipendio nazionale, come ha sancito di recente una vostra sentenza, e invece a voi vi si può insultare pressoché impunemente? Silenzio. E più non dimandare.
In tutto questo, che dice il nostro bispresidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che pure è il presidente del Csm? Che dice Michele Vietti, che pure ne è il vice presidente, autore di un testo che tra breve presenterà, intitolato “Facciamo Giustizia”? Giusto, facciamola, ma quando? E l’ermellino a me: “Di solito, dicono di abbassare i toni. Ma non siamo mai noi che li alziamo”. Non fa una piega. Che dice, invece, Giorgio Santacroce, destinatario dell’insulto esemplare, come primo presidente della Cassazione, fresco di nomina, lo sappiamo da subito. Pare sia rimasto maluccio alla lettura dei giornali, certo non si aspettava di dover far fronte a tanto; davanti ai giornalisti, tuttavia, minimizza, sospirando un rassegnato: “Ci siamo abituati”. Abituati? Come sarebbe abituati?
Poi, così, giusto per spirito di mediazione, ipotizza lo spostamento della datadello scandalo. Troppo caldo a Roma, per allora. Occorrerebbero gli ombrelloni sotto il Palazzaccio. Ed è qui che si compie il miracolo: come per incanto la fase politica si rasserena, il Cavaliere si distende, mentre il suo avvocato, il cabalista Niccolò Ghedini dice che secondo i suoi calcoli, si potrebbe ad esempio mandarla a dopo l’estate l’udienza. Che dire del 26 settembre, appena passato anche l’equinozio d’autunno? Non c’è da temere neppure per la prescrizione, al massimo qualche tempesta stagionale. Nel 1588, una di queste investì l’Invincibile Armata e la spazzò via, facendola miseramente naufragare. L’immensa flotta del re di Spagna, Filippo II, composta da 130 vascelli e 24mila uomini, fu ridotta a nulla. Veramente di tempeste ce ne vollero tre, in successione, ma si tratta di particolari storici. Tre piccoli particolari tipo: Ruby, Mediaset e ineleggibilità, facendo un po’ di conti col pallottoliere. Quindi una grande idea s’avanza, su consiglio del faccendiere sfaccendato, Luigi Bisignani, quello che ultimamente è sempre in tv e scrive libri sussurranti: Berlusconi potrebbe rinunciare alla prescrizione, il che porterebbe il tutto alle calende greche.
Grande, ma non è ancora abbastanza. In questa escalation virtuosa, c’è chi fa ancora di più tra i ciambellani del gran visir. Perché non chiedere direttamente la grazia? E’ quella la vera exit strategy verso il Paradiso. Giorgio Napolitano potrebbe intervenire una seconda volta: dopo aver graziato, guarda un po’, proprio il direttore Sallusti su un caso di diffamazione (il lupo perde il pelo, non il vizio), ora potrebbe farlo anche per il Cavaliere in ragione “del suo peso politico” . Perché no? In fondo è già partito il tam tam in rete.
L’edizione dell’11 luglio di ”Libero”, diretto da Maurizio Belpietro, titola così “Giorgio facci la grazia”. La grazia, a chi? C’è da domandarsi come mai questa gente nutra una brama smodata di far parte di istituzioni che disprezza, chieda continuamente incarichi ai massimi livelli, piloti persone nei posti chiave, si autopromuova sfacciatamente ai vertici di qualsiasi cosa, quando ha dimostrato – più e più volte davanti a tutti gli italiani – di non aver alcun senso né dello Stato, né del ruolo che ambirebbe, con tutte le proprie forze, a ricoprire. Che ne è, infatti, nel loro fervore riformista dell’indipendenza della magistratura, dell’equilibrio dei poteri, del rispetto degli organi costituzionali? Di tutte quelle belle cose che abbiamo imparato a scuola, quando si studiava educazione civica? La risposta è semplice: fare spallucce e chissenefrega.
Quindi, cari signori “banditi di Stato”, portate pazienza! Non c’è da preoccuparsi. Già il giorno successivo, dopo avervi ampiamente rampognati, Berlusconi Due afferma di aver fiducia nella Cassazione e nel suo “giudice a Berlino”. Di puntare su Santacroce, pover’uomo. Chissà, forse il Cavaliere ha compreso una cosa risaputa anche dal più somaro degli scolari: prendere a calci negli stinchi chi, prima o poi ti deve giudicare, col rischio che infine si arrabbi, non è poi troppo conveniente. E allora dài a redarguire i suoi: “tutti buoni, tutti zitti”, sosteniamo il governaccio. Quanto ai giornalisti di ogni ordine e grado, ricordiamoci sempre che le opinioni vanno tenute per noi. Da ora in poi atteniamoci scrupolosamente alle balle.
Rossella Guadagnini
(12 luglio 2013)
Banditi, a chi? Stavolta è toccato alla Corte Suprema di Cassazione, il collegio che tecnicamente valuta la legittimità delle sentenze emesse dalla magistratura in Italia. Gli alti giudici si sono guadagnati sul campo l’insulto per via della data del processo Mediaset sui diritti tv, fissata per il 30 luglio, causa il rischio prescrizione. Troppo presto, tuonano gli avvocati della difesa. E allora apriti cielo. Oh, Arcore, vituperio delle genti! E se il sommo Poeta riposa in pace, anche gli ermellini in questa circostanza tacciono. “Come, non fate nulla, non prendete nessuna misura? E la diffamazione e il vilipendio delle istituzioni?” provo a interrogare uno di questi rari esemplari in via d’estinzione. “Occorre chiedere l’autorizzazione del ministro e al massimo la condanna è una multa”, risponde. Dunque noi cittadini non possiamo più nemmeno dire che “l’Italia è un Paese di m…” per non cadere nel vilipendio nazionale, come ha sancito di recente una vostra sentenza, e invece a voi vi si può insultare pressoché impunemente? Silenzio. E più non dimandare.
In tutto questo, che dice il nostro bispresidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che pure è il presidente del Csm? Che dice Michele Vietti, che pure ne è il vice presidente, autore di un testo che tra breve presenterà, intitolato “Facciamo Giustizia”? Giusto, facciamola, ma quando? E l’ermellino a me: “Di solito, dicono di abbassare i toni. Ma non siamo mai noi che li alziamo”. Non fa una piega. Che dice, invece, Giorgio Santacroce, destinatario dell’insulto esemplare, come primo presidente della Cassazione, fresco di nomina, lo sappiamo da subito. Pare sia rimasto maluccio alla lettura dei giornali, certo non si aspettava di dover far fronte a tanto; davanti ai giornalisti, tuttavia, minimizza, sospirando un rassegnato: “Ci siamo abituati”. Abituati? Come sarebbe abituati?
Poi, così, giusto per spirito di mediazione, ipotizza lo spostamento della datadello scandalo. Troppo caldo a Roma, per allora. Occorrerebbero gli ombrelloni sotto il Palazzaccio. Ed è qui che si compie il miracolo: come per incanto la fase politica si rasserena, il Cavaliere si distende, mentre il suo avvocato, il cabalista Niccolò Ghedini dice che secondo i suoi calcoli, si potrebbe ad esempio mandarla a dopo l’estate l’udienza. Che dire del 26 settembre, appena passato anche l’equinozio d’autunno? Non c’è da temere neppure per la prescrizione, al massimo qualche tempesta stagionale. Nel 1588, una di queste investì l’Invincibile Armata e la spazzò via, facendola miseramente naufragare. L’immensa flotta del re di Spagna, Filippo II, composta da 130 vascelli e 24mila uomini, fu ridotta a nulla. Veramente di tempeste ce ne vollero tre, in successione, ma si tratta di particolari storici. Tre piccoli particolari tipo: Ruby, Mediaset e ineleggibilità, facendo un po’ di conti col pallottoliere. Quindi una grande idea s’avanza, su consiglio del faccendiere sfaccendato, Luigi Bisignani, quello che ultimamente è sempre in tv e scrive libri sussurranti: Berlusconi potrebbe rinunciare alla prescrizione, il che porterebbe il tutto alle calende greche.
Grande, ma non è ancora abbastanza. In questa escalation virtuosa, c’è chi fa ancora di più tra i ciambellani del gran visir. Perché non chiedere direttamente la grazia? E’ quella la vera exit strategy verso il Paradiso. Giorgio Napolitano potrebbe intervenire una seconda volta: dopo aver graziato, guarda un po’, proprio il direttore Sallusti su un caso di diffamazione (il lupo perde il pelo, non il vizio), ora potrebbe farlo anche per il Cavaliere in ragione “del suo peso politico” . Perché no? In fondo è già partito il tam tam in rete.
L’edizione dell’11 luglio di ”Libero”, diretto da Maurizio Belpietro, titola così “Giorgio facci la grazia”. La grazia, a chi? C’è da domandarsi come mai questa gente nutra una brama smodata di far parte di istituzioni che disprezza, chieda continuamente incarichi ai massimi livelli, piloti persone nei posti chiave, si autopromuova sfacciatamente ai vertici di qualsiasi cosa, quando ha dimostrato – più e più volte davanti a tutti gli italiani – di non aver alcun senso né dello Stato, né del ruolo che ambirebbe, con tutte le proprie forze, a ricoprire. Che ne è, infatti, nel loro fervore riformista dell’indipendenza della magistratura, dell’equilibrio dei poteri, del rispetto degli organi costituzionali? Di tutte quelle belle cose che abbiamo imparato a scuola, quando si studiava educazione civica? La risposta è semplice: fare spallucce e chissenefrega.
Quindi, cari signori “banditi di Stato”, portate pazienza! Non c’è da preoccuparsi. Già il giorno successivo, dopo avervi ampiamente rampognati, Berlusconi Due afferma di aver fiducia nella Cassazione e nel suo “giudice a Berlino”. Di puntare su Santacroce, pover’uomo. Chissà, forse il Cavaliere ha compreso una cosa risaputa anche dal più somaro degli scolari: prendere a calci negli stinchi chi, prima o poi ti deve giudicare, col rischio che infine si arrabbi, non è poi troppo conveniente. E allora dài a redarguire i suoi: “tutti buoni, tutti zitti”, sosteniamo il governaccio. Quanto ai giornalisti di ogni ordine e grado, ricordiamoci sempre che le opinioni vanno tenute per noi. Da ora in poi atteniamoci scrupolosamente alle balle.
Rossella Guadagnini
(12 luglio 2013)
Nessun commento:
Posta un commento